ATTUALITÀ - 22 novembre 2025, 12:00

La politica valdostana e il gioco della falsa partenza

Una politica ridotta a gossip, a un palcoscenico su cui esibire le doti peggiori. Come se il problema fosse chi ha iniziato per primo, chi ha la maglietta più bella, chi urla più forte

Enrico Berlinguer (sn) e Giorgio Almirante

C'era una volta – e chi ha qualche capello bianco se lo ricorda bene – quel momento magico dei giochi da cortile in cui qualcuno, invariabilmente, gridava: “Non vale! Falsa partenza! Bisogna rifare tutto!”. Era il compagno di giochi che aveva perso la rincorsa, quello rimasto per ultimo a nascondino, il più lento della banda. “Sei partito prima di me!”, “Non hai aspettato il tre!”, “Il pallone è mio e me lo riprendo!”.

Ecco, guardando la politica valdostana di questi giorni, mi viene da sorridere: quel sorriso amaro che ti scappa quando riconosci un déjà-vu ridicolo. Perché è esattamente così. Siamo tutti fermi sulla linea di partenza, in attesa che qualcuno decida se si può finalmente giocare o se bisogna “rifare tutto”.

Tutto sospeso, ovattato, lento. Decisioni? Poche. Parole? Tante. Fatti? Zero.

E noi cittadini? Siamo lì, seduti in panchina come spettatori di una partita di tennis – scusate, ma mi scappa da ridere – con la testa che gira a destra e sinistra inseguendo una pallina immaginaria. Per ore. Giorni. Settimane.

È l'immagine perfetta di chi aspetta sentenze, ribaltoni, ricorsi, controricorsi. Una partita virtuale in cui assistiamo al gioco di chi parte bluffando, chi trucca la gara, chi si vede portare via il pallone e minaccia: “È mio e me lo riprendo”.

Sia chiaro: c’è chi non accetta la sconfitta. E qualcuno potrebbe dire, anche giustamente, che con uno scarto di voti così limitato sia normale contestare. Non do loro torto, soprattutto quando vediamo seggi che passano da un partito all'altro con margini risibili. Succede, ed è successo anche di recente proprio in Regione. La democrazia è anche questo: contestare, verificare, ricontare.

Ma – ed è qui il punto – tutto ciò non toglie che la situazione sia paradossale. Perché mentre si litiga sulla partenza, il gioco vero, quello che conta, non inizia mai. E l’amara realtà è quella di una società che si disinteressa sempre di più e di una politica che fa sempre di meno.

Una volta – e non parlo del Pleistocene, ma di pochi decenni fa – la politica era più partecipativa. C’era forse anche più rispetto tra chi perdeva e chi vinceva. L’obiettivo non era tanto vincere, ma governare. Sì, governare davvero: occuparsi dei problemi reali della gente.

Ci siamo trovati in periodi storici in cui l’opposizione riusciva a dialogare, a confrontarsi in modo costruttivo, a far passare leggi, decreti, emendamenti semplicemente di buon senso.
E ci siamo ritrovati – a volte stupiti – a vedere scene impensabili: Almirante che va al funerale di Berlinguer e si toglie il cappello davanti alla bara. Acerrimi nemici che nelle famose tribune politiche riuscivano a confrontarsi civilmente, portando ognuno il proprio contributo al dibattito.

Abbiamo visto Aldo Moro stringere la mano di Berlinguer, sedersi a un tavolo e cercare quel famoso compromesso storico che permettesse a due partiti completamente diversi di affrontare i veri temi dell’Italia: mancanza di lavoro, disoccupazione, povertà. Non la retorica da bar, non il gossip, non la caciara.

Sono populista se dico che mi sono stufato? No. Credo semplicemente di rappresentare una gran fetta di cittadini stanca della pochezza del dibattito. Dibattiti che spesso finiscono a insulti, che rappresentano una politica da bar: di fronte ad argomenti seri, si butta tutto in caciara, si ride in faccia all’interlocutore, lo si sbeffeggia.

Una politica ridotta a gossip, a un palcoscenico su cui esibire le doti peggiori. Come se il problema fosse chi ha iniziato per primo, chi ha la maglietta più bella, chi urla più forte.

E intanto? Intanto i problemi veri restano lì, in attesa. Proprio come noi sulla panchina del tennis.

Io davvero spero che tutti noi in Valle d’Aosta – politici, sindacati, associazioni, cittadini – ci fermiamo a fare una riflessione pacata. Che, pur rimanendo attaccati alle radici politiche che ognuno di noi ha, si torni ad avere le capacità culturali e sociali per confronti civili.

Perché alla fine, vedete, il gioco non è chi parte per primo. Il gioco è dove si arriva, insieme.

E se continuiamo a litigare sulla linea di partenza, con il pallone in mano e la minaccia di portarcelo via, non andremo da nessuna parte.

Quindi, per favore: basta con il “non vale”. Basta con il “rifacciamo tutto”.
Partiamo davvero, una buona volta. E giochiamo la partita vera, quella che conta per chi ci guarda dalla panchina aspettando – da troppo tempo – che qualcuno si decida finalmente a governare.

vittore Lume-Rezoli