ATTUALITÀ - 15 novembre 2025, 23:47

Velina rossonera e arcobaleno - Edizione ultra-confidenziale - “La giunta del silenzio (che proprio silenziosa non è)”

Cronache semiserie dai Palazzi istituzionali e non solo

Dicono che sarebbe dovuto restare tutto segreto, in quelle tre stanze del terzo piano di Palazzo Regionale, dove di solito si entra solo con il sorriso diplomatico e lo stomaco vuoto. E invece, come sempre in Valle d’Aosta, il pettegolezzo viaggia più veloce della fibra che continuiamo a non avere.

Pare — ma ovviamente nessuno conferma e tutti smentiscono — che nella notte di mercoledì, in un parcheggio di Aosta dove il segnale del telefono va e viene peggio delle promesse elettorali, si sia svolto un incontro tra: un autonomista “storico” (di quelli che ti ricordano ogni dieci minuti che loro c’erano già negli anni ‘90), una giovane consigliera che sui social si presenta come “indipendente e libera da logiche di palazzo” ma che da due settimane è diventata allergica al telefono, e un assessore uscente che avrebbe giurato: «Io rientro in giunta solo se mi danno una delega che non mi faccia cadere il fegato come l’ultima volta».

Fin qui, normale amministrazione.
La parte gustosa è l’accordo che sarebbe stato abbozzato: una giunta a rotazione.
Sì, rotazione. Tipo car-sharing, ma con le poltrone.

Ogni 14 mesi si cambierebbero due assessori, in modo da permettere a tutti di dire, prima delle prossime elezioni:
«Anch’io sono stato in giunta, mettimi sulla lista che porto voti.» Un osservatore avrebbe commentato: «È l’autonomia partecipata, no?»
Pare sia stato accompagnato gentilmente fuori dal parcheggio.

Si mormora che un partito minore, dato ormai dagli analisti politici come “decotto ma non del tutto” abbia proposto la creazione di una delega nuova: Assessore regionale alla gestione strategica del silenzio.

Motivo: “Se non parliamo, non litighiamo. E se non litighiamo, restiamo al governo.”

Una teoria politica che, nella nostra regione, ha già più applicazioni pratiche di quanto sembri.

Due figure molto note della politica valdostana sarebbero state viste cenare insieme in un ristorante fuori Aosta, uno di quelli dove ti conoscono per nome, cognome e preferenze elettorali. Vino buono, toni bassi, sguardi circospetti. A un certo punto la frase sfuggita al cameriere, riportata poi da tutta la brigata che pulisce le posate: «A questo punto, se non entriamo noi, almeno facciamo in modo che non entri quell’altro.» Chi sia “quell’altro” al momento è un mistero.
Ma tre nomi già circolano, sussurrati più o meno così: uno con occhiali, uno con baffi, uno che giura di non voler niente — e quindi vuole tutto.

Le Cagnard Déchainé