CRONACA - 10 novembre 2025, 09:41

Lettera aperta di un cittadino qualunque, ancora vivo, per ora, al paese sanitario di Marzi e Meloni

Per un’ecografia bisogna attendere quasi quanto per un passaggio di cometa, ma si può fare prima a Torino. C’è chi parte per farsi visitare e chi resta in lista per farsi beatificare

Cari signori del Servizio Sanitario, valdostano e nazionale,
vi scrivo non tanto per lamentarmi, ma per ringraziarvi. Sì, perché con voi ho riscoperto la fede.

La storia è semplice: telefono al CUP per prenotare un’ecografia. Vivo ad Aosta, mica in cima al Monte Bianco. L’operatrice, gentilissima e rassegnata come un confessore il giorno di Pasqua, mi informa che il primo giorno disponibile è... a fine maggio 2026. Mi ripete l’anno, forse per assicurarsi che non svenga.

Per curiosità le chiedo se c’è qualche possibilità “nelle vicinanze”, e lei, candida come un cherubino, mi risponde: “A Torino, però, entro novembre 2025 si può fare”.
Ah, beh! Centocinquanta chilometri per un’ecografia col Servizio Sanitario Nazionale: giusto il tempo di fare un pellegrinaggio e magari chiedere pure una benedizione alla Consolata.

Poi, per scrupolo, telefono a una struttura privata di Aosta. Risposta: “Possiamo farle l’esame in settimana”.
Prezzo? Circa 100 euro.
Costo del ticket pubblico? 35 euro.
Differenza? Solo la dignità del cittadino e un bel viaggio fino a Torino se voglio restare “nel sistema”.

Ora, mi domando e dico: ma che senso ha? Davvero la Regione Autonoma Valle d’Aosta, con tanto di assessorato, direzioni generali e proclami di efficienza, deve spedire un paziente a Torino per un esame di routine che qui si potrebbe fare nel giro di pochi giorni?

E poi ci raccontano che la sanità è “pubblica e universale”. Certo, universale sì… ma a condizione di avere l'auto, la benzina, e un giorno di ferie da buttare via.

Nel frattempo, chi non ha i soldi o non può spostarsi resta in lista d’attesa, magari con l’eco prenotata per quando il Papa avrà cambiato nome (di nuovo). Nel frattempo dovrò prenotarmi anche da Camandona, l'impresa di pompe funebri.

Questo è il Paese — e la Regione — di Meloni e Marzi, dove chi ha i soldi si cura e chi non li ha... prega.

Io, nel dubbio, ho prenotato per maggio 2026 e mi sono affidato alla misericordia divina, sperando che il referto arrivi prima del Giudizio Universale.

Con (amara) ironia e sincera preoccupazione,
Un contribuente valdostano (ancora in lista d’attesa)

Caro lettore,
la sua lettera ci ricorda che, in questa regione dove si parla di “eccellenza sanitaria”, l’unico reparto davvero efficiente sembra quello della speranza.

Il suo caso non è eccezionale, è la regola. Per un’ecografia bisogna attendere quasi quanto per un passaggio di cometa, ma si può fare prima a Torino. C’è chi parte per farsi visitare e chi resta in lista per farsi beatificare.

E intanto i nostri amministratori rassicurano che “tutto è sotto controllo”. Forse sì, ma sotto il controllo del tempo, che passa mentre il cittadino aspetta.

In Valle d’Aosta, più che un servizio sanitario, pare di assistere a una gara di resistenza spirituale: chi riesce a non arrabbiarsi, vince la salute mentale. Chi invece osa prenotare, entra nel girone dei penitenti amministrativi.

Il privato, nel frattempo, ringrazia. Lavora, incassa, e soprattutto funziona. Perché nel mercato della salute, la sofferenza non va mai in vacanza.

Lei, caro lettore, con la sua ironia, ha toccato il nervo scoperto: la sanità pubblica che si regge ormai su buoni sentimenti, santi protettori e rassegnazione civile.

Speriamo che il suo esame arrivi presto, ma nel frattempo ci consenta di sperare che la sua lettera venga letta dai vertici regionali. Magari, se la leggono, si fanno almeno un’ecografia alla coscienza.

Con gratitudine e un filo d’amara solidarietà, pi.mi.
 

red