Le anticipazioni del programma Report sui presunti costi eccessivi sostenuti dall’Autorità Garante per la privacy, in particolare per l’uso sistematico della business class e l’aumento delle spese di rappresentanza, hanno acceso un dibattito che ora travalica il giornalismo d’inchiesta. A intervenire è il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani (CNDDU), che ha diffuso una nota ufficiale chiedendo “chiarezza pubblica e verificabile” sui bilanci dell’Autorità.
Secondo quanto riportato da alcune testate, l’Autorità disporrebbe di circa 50 milioni di euro annui, con stipendi e indennità pari all’84% della spesa complessiva e spese di rappresentanza che avrebbero raggiunto quasi 400 mila euro l’anno. Tuttavia, i bilanci ufficiali pubblicati sul sito del Garante raccontano un’altra storia: nel consuntivo 2022, le “altre spese di rappresentanza, relazioni pubbliche, convegni e mostre, pubblicità” ammontano a 2.390 euro su oltre 45 milioni di entrate correnti, di cui 44,5 milioni provenienti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Una discrepanza notevole, che secondo il CNDDU «rende urgente un chiarimento pubblico e documentato».
«Il Garante tutela un diritto fondamentale come la privacy — sottolinea il presidente del Coordinamento, professor Romano Pesavento — e proprio per questo deve essere percepito come modello di sobrietà, integrità e trasparenza. Ogni euro speso in nome dei diritti deve poter essere giustificato, tracciato e reso pubblico».
Il CNDDU propone una serie di misure concrete: pubblicazione in formato aperto dei dettagli di missione per gli anni 2023-2025 (con indicazione della classe di viaggio e dei costi), precisazione del regolamento interno che disciplina i rimborsi, e un registro mensile pubblico delle spese di rappresentanza.
Inoltre, il Coordinamento chiede un audit esterno indipendente sui conti 2022-2025, con la trasmissione dei risultati al Parlamento, e l’adozione del principio di economicità obbligatoria nelle trasferte dei componenti del Collegio.
«La percezione di opacità — avverte Pesavento — è di per sé un fattore che indebolisce la fiducia dei cittadini e, di conseguenza, la tutela dei loro diritti fondamentali».
Il presidente accoglie positivamente la disponibilità della vicepresidente del Garante, Ginevra Cerrina Feroni, a rilasciare un’intervista per chiarire la gestione interna: «Un gesto importante — commenta Pesavento — ma serviranno dati verificabili e comparabili per ristabilire la credibilità dell’istituzione».
In vista della nuova puntata di Report, prevista per il 9 novembre, il CNDDU rilancia infine la proposta di un tavolo pubblico tra Autorità, associazioni civiche e media per definire standard comuni di rendicontazione etica.
«La privacy non è un privilegio: è un diritto», conclude Pesavento. «E i diritti si difendono anche attraverso una gestione limpida, sobria e coerente delle risorse pubbliche».