La nuova Giunta regionale della Valle d’Aosta si è presentata al mondo con una foto ufficiale che, più che un esecutivo, pare il cast di un western girato ai piedi del Monte Emilius. Nove figure immobili, sguardo fisso all’obiettivo, braccia tese lungo il corpo, come se al segnale del fotografo dovessero estrarre la pistola più veloce del Consiglio Valle. Mancava solo il vento che solleva la polvere della Place Deffeyes e il sottofondo musicale di Ennio Morricone.
Al centro, il “Presidente Testolin” in versione sceriffo buono: cappello immaginario calato sugli occhi, sorriso da pokerista esperto e la calma di chi ha già visto più rimpasti che tramonti sul Cervino. Ai suoi lati, gli otto pistolers pronti a difendere la frontiera valdostana da bilanci in rosso, PNRR ribelli e stormi di emendamenti in volo basso.
Tra loro spicca Calamity Jen, alias Speranza Girod, neoassessora all’Agricoltura, che sembra dire con lo sguardo: “questa mandria la porto io al pascolo”. D’altronde, tra i prati e i campi, chi meglio di lei può impugnare la forca... istituzionale?
Leonardo Lotto, 26 anni, è invece il novellino del villaggio: l’unico a poter dire d’aver visto più laptop che bandiere di partito. Giovane sì, ma già pronto a cavalcare il PNRR come un mustang imbizzarrito. Qualcuno in piazza sussurra che l’innovazione, stavolta, potrebbe davvero farsi sentire... magari via app.
La giunta regionale (foto ufficio stampa Regione)
Poi c’è il grande ritorno di Mauro Baccega, l’uomo che ha attraversato più assessorati di un cowboy che cambia cavalli alle stazioni di posta. Bilancio, sanità, opere pubbliche: un cavaliere errante del centrodestra, con la sella sempre pronta e lo sguardo all’orizzonte. L’importante, per lui, è restare in sella, a qualsiasi costo.
Accanto a lui, Erik Lavevaz, che dopo aver lasciato la poltrona da Presidente torna in campo con la cartella del professore e il cappello del pistolero filosofo. “La cultura salverà la Valle”, pare abbia detto a bassa voce. Ma per ora, nel duello dei ruoli, è tornato a far fuoco come assessore.
Luigi Bertschy, il vice con lo sguardo d’acciaio, resta saldo come un vecchio ranger del Grand Paradis. È quello che tiene la mappa, controlla il treno dei trasporti e, se serve, aggiusta la locomotiva con la chiave inglese della formazione professionale.
E infine, il trio dei veterani Sapinet, Marzi e Grosjacques, solidi come rocce di montagna, pronti a sorvegliare opere pubbliche, sanità e turismo. Sapinet conosce ogni cantiere come uno sceriffo conosce i suoi saloon. Marzi cura i conti e i pazienti con la stessa precisione con cui si serve un genepì. Grosjacques, invece, sorride: con il turismo e lo sport, lui è l’uomo che porta il sole anche quando nevica.
Alla fine, la foto resta lì: nove protagonisti, un solo ciak, la XVII legislatura pronta a partire. Qualcuno ha già battezzato la scena “Per un pugno di delibere”. Altri preferiscono “La valle era una volta”.
Ma l’impressione è una sola: nel Far West della politica valdostana, cambiano i cavalli, cambiano i cappelli… ma la polvere, quella, è sempre la stessa.