C’è un modo tutto valdostano di custodire la memoria: farla pascolare tra i prati, risuonare tra i monti, rivivere ogni anno nelle batailles des chèvres. Non è soltanto una gara, ma un rito antico che profuma di fieno, di amicizia e di rispetto per gli animali e la terra. In un mondo sempre più veloce e digitale, la Valle d’Aosta conserva qui la sua lentezza più autentica, quella che racconta chi siamo e da dove veniamo.
Come scrive Sylvie Martinet sul Corriere della Valle: «I giochi sono fatti. Con l’eliminatoria di sabato 18 ottobre scorso sono state attribuite le ultime qualificazioni per la finale del concorso regionale delle Batailles des chèvres che si disputerà domenica prossima, 2 novembre, all’arena Croix Noire di Aosta…»
Una descrizione che restituisce l’anima di una tradizione popolare dove non contano le apparenze, ma la forza, il carattere e la dignità. Parteciperanno 238 capre divise in tre categorie di peso, più le giovani bime, le reginette in erba di una passione che non conosce età. I nomi, ormai, sono parte del mito: Mourina, Biricchina, Merveille e Vince — le quattro regine regionali in carica — tornano a incrociare le corna, simbolo di fierezza e identità.
Ogni allevatore porta con sé un pezzo di storia familiare, di orgoglio di villaggio, di fatica e dedizione. È la Valle rurale che ancora resiste, che non si piega alla modernità senz’anima. All’arena di Croix Noire si mescolano dialetti, risate, vino e ricordi: il francoprovenzale e l’italiano si abbracciano nel suono delle campane e nei colpi delle corna.
Non è solo una festa contadina, ma una dichiarazione d’amore per la montagna. Qui la tradizione non è folklore da cartolina: è vita, comunità, identità condivisa.
E mentre le capre si affrontano in combattimenti rituali che durano pochi istanti ma raccontano secoli di cultura, la Valle d’Aosta riafferma — ancora una volta — la sua anima più profonda: quella che non dimentica la terra da cui è nata.