Negli ultimi tre anni, il 73% dei cittadini dichiara di prestare maggiore attenzione all’origine e alla tracciabilità dei prodotti, mentre il 68% afferma di privilegiare alimenti locali e di stagione.
Cresce anche la frequentazione dei mercati rionali e dei punti vendita specializzati (+56%), dove la fiducia nel rapporto diretto e la percezione di qualità spingono molti consumatori a preferire le filiere corte e i produttori conosciuti.
Ma accanto a questa maggiore consapevolezza, il Rapporto evidenzia una tendenza preoccupante: quasi quattro famiglie su dieci (39%) hanno ridotto gli acquisti di frutta e verdura a causa dell’aumento dei prezzi, mentre una su tre dichiara di aver modificato la propria dieta orientandosi verso prodotti a più lunga conservazione.
Il Censis parla di una vera e propria “frattura alimentare”, un fenomeno che riflette e amplifica le disuguaglianze sociali.
In un contesto di inflazione alimentare persistente, le famiglie più fragili sono costrette a ridurre il consumo di alimenti freschi, proprio quelli che garantiscono una dieta equilibrata.
Chi dispone di risorse sufficienti può invece permettersi prodotti di qualità, locali e biologici, consolidando così una “geografia del benessere” in cui l’accesso al cibo sano diventa un privilegio più che un diritto.
Il 49% degli italiani considera ormai il prezzo il principale criterio di scelta, più importante della provenienza o della stagionalità. Una percentuale che evidenzia quanto il costo dei prodotti freschi – soprattutto frutta e verdura – sia diventato un fattore di esclusione alimentare.
Lo studio sottolinea come i mercati agroalimentari all’ingrosso possano diventare un punto di equilibrio tra sostenibilità economica e accessibilità per i cittadini.
Favorire la filiera corta, promuovere accordi tra produttori locali, distributori e amministrazioni pubbliche può contribuire a ridurre i costi e sostenere la domanda di prodotti freschi e di qualità.