Si riaccende la paura delle truffe telefoniche, un fenomeno che continua a colpire migliaia di utenti in tutta Italia. Stavolta l’allarme arriva dalla Grecia, con numeri che iniziano con il prefisso internazionale +30 e che in questi giorni hanno fatto suonare decine di cellulari, lasciando dietro di sé solo un messaggio di chiamata persa.
Le segnalazioni si moltiplicano: chiamate brevissime, a volte completamente mute, che si interrompono dopo uno squillo o due. Un gesto tanto semplice quanto pericoloso, perché basta richiamare per cadere nella trappola. Quella che per molti appare come una chiamata casuale o un errore è in realtà una truffa organizzata, ispirata al cosiddetto schema giapponese “Wangiri”, che significa letteralmente “un solo squillo”.
Il meccanismo è subdolo ma geniale nella sua semplicità: l’utente riceve una telefonata da un numero sconosciuto con prefisso straniero; la chiamata si interrompe subito, lasciando l’illusione che qualcuno stesse davvero cercando di contattarlo. Se la vittima, spinta dalla curiosità o dal sospetto di una chiamata urgente, richiama, finisce collegata a linee a pagamento, spesso gestite da società offshore, con tariffe internazionali altissime. In pochi secondi, la bolletta può lievitare anche di decine di euro.
Le forze dell’ordine e le associazioni dei consumatori parlano di un fenomeno in crescita e sempre più difficile da arginare. Dietro queste operazioni si nascondono vere e proprie reti criminali globali, capaci di generare migliaia di chiamate automatiche al minuto tramite sistemi di dialer. Il guadagno, per chi gestisce queste frodi, è enorme: ogni richiamata va a finanziare attività illecite in altri settori, dal riciclaggio all’acquisto di nuove infrastrutture tecnologiche per ampliare la rete delle truffe.
Gli esperti mettono in guardia: “non richiamate mai numeri sconosciuti con prefisso estero”, soprattutto se la chiamata si è interrotta subito o è risultata muta. È una regola semplice, ma fondamentale per non cadere nel tranello. Altrettanto importante è non fornire mai dati personali o bancari a chi chiama, anche se l’interlocutore si presenta come un operatore di banca o di un ente pubblico.
Chi riceve una chiamata sospetta dovrebbe bloccare subito il numero, segnalarlo al proprio operatore e, se possibile, alle autorità di polizia postale. Gli smartphone più moderni e le app dei principali gestori telefonici dispongono ormai di filtri anti-spam che possono individuare e bloccare automaticamente i numeri anomali: conviene attivarli e tenerli aggiornati.
Il fenomeno, tuttavia, continua a diffondersi a macchia d’olio. Cambiano i prefissi — ieri era la Spagna, poi la Francia, ora la Grecia — ma il copione resta sempre lo stesso: pochi secondi di squillo e una trappola pronta a scattare.
Serve più informazione, più attenzione e una sana dose di diffidenza. Perché, come ormai si è capito, dietro un semplice squillo può nascondersi una macchina perfetta per svuotare i conti di chi abbassa la guardia anche solo per un istante.