C’è un filo di ipocrisia che attraversa la politica culturale del governo centrale: da un lato proclama il valore del “made in Italy”, dall’altro ne taglia le gambe. È il caso dell’animazione italiana, oggi sotto attacco per effetto del taglio di 190 milioni di euro al Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo previsto dalla manovra di bilancio.
Una decisione che non è solo economica, ma profondamente politica e culturale, perché colpisce un settore che forma le menti dei più piccoli, diffonde nel mondo i nostri valori e tiene viva una delle poche filiere creative rimaste competitive a livello internazionale.
L’allarme arriva da Cartoon Italia, l’associazione dei produttori di animazione, che denuncia senza mezzi termini il rischio di un collasso del comparto. “Serve razionalizzare, non tagliare. L’animazione è un investimento per il Paese”, afferma la presidente Maria Carolina Terzi, ricordando che questo non è un lusso per cinefili, ma un patrimonio educativo e simbolico per milioni di bambini.
In Italia l’animazione è spesso l’unica finestra su un linguaggio che unisce creatività, tecnica e cultura. È un settore che impiega oltre 6.000 giovani professionisti, molti dei quali tra i 20 e i 35 anni, e che lavora in coproduzione con l’Europa, mantenendo vivo un circuito di innovazione e professionalità che pochi comparti culturali possono vantare.
È paradossale che il taglio arrivi proprio dal governo che, a parole, difende la “cultura identitaria” e la produzione nazionale come strumenti di orgoglio patriottico. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha più volte definito il cinema e l’audiovisivo “pilastri del made in Italy”, ma i fatti la smentiscono.
La realtà è che questa manovra non “razionalizza”: smantella, con un colpo di bilancio, la fiducia di centinaia di piccole imprese e di giovani autori che negli ultimi anni avevano contribuito a far crescere l’industria dell’animazione italiana, oggi riconosciuta e premiata anche all’estero.
“È il momento di applicare gli strumenti già esistenti per migliorare la gestione, non di tagliare in modo cieco e immediato”, ribadisce Cartoon Italia, sostenuta da Alessandro Usai, presidente di ANICA, che invita a una riflessione profonda sull’impatto di misure così drastiche.
Il taglio di 190 milioni non riguarda solo un fondo, ma un futuro culturale. Significa bloccare nuovi progetti, fermare scuole di formazione, ridurre la produzione di serie animate che raccontano l’Italia ai bambini del mondo.
È una miopia di governo che confonde la contabilità con la visione, i numeri con le idee, l’immediato con l’essenziale.
Perché l’animazione non è intrattenimento: è narrazione, educazione e identità. È la voce con cui un Paese parla ai suoi figli.
E quando un governo sceglie di zittirla per risparmiare qualche milione, non sta solo impoverendo il bilancio dello Stato. Sta impoverendo la cultura di una generazione intera.