Sono nata a Parma e il mio cuore gongola ogni volta che sento l’accento emiliano. Cristiano Cremonini, cantante lirico, scrittore, progettista culturale e illustratore, per vent’anni si è esibito nei palcoscenici lirici di mezzo mondo. Si esprime con una semplicità contagiosa, comunicando ottimismo e gioia di vivere anche a chilometri di distanza.
Come ha avuto inizio il suo cammino di cantante d’opera?
I miei genitori erano insegnanti – spiega – e amavano l’arte e la musica in generale, ma non erano melomani. Spesso la passione per l’opera si tramanda, ma io ho intrapreso questa strada per mia iniziativa. Sono nato a Bologna e vivo poco distante, a Castel Maggiore.
Papà e mamma, lui emiliano e lei lucana, erano sempre molto impegnati, ma acquistavano ottime collane di dischi, come si usava allora. Io, bambino, li ascoltavo volentieri. Amavo particolarmente “Un ballo in maschera” di Verdi: il primo titolo che sentii in disco. Ricordo che mi affascinavano il clima di eleganza e la leggerezza di certe scene. Poi, a tredici anni, chiesi ai miei genitori di portarmi all’Arena di Verona: vedemmo “Cavalleria Rusticana” e quella sera decretai di slancio: “Farò il tenore!”.
Nessuno mi prese troppo sul serio, com’è naturale. Ho frequentato il liceo scientifico, ma i numeri non erano la mia vocazione. A diciassette anni fui ammesso ai corsi di canto lirico al Conservatorio di Bologna, ma la mia vera formazione arrivò grazie a un grande insegnante milanese, con cui si creò subito una sintonia speciale. Il canto è uno strumento invisibile, e trasmetterne i segreti richiede un’empatia rara.
Debuttai a ventun anni, nel 1995, al Teatro Sociale di Mantova con “Don Carlo”. Poi entrai in contatto con la casa editrice e discografica Bongiovanni: insieme realizzammo un’antologia di romanze bolognesi tra Ottocento e Novecento, registrando anche brani inediti. In omaggio alla bolognesità, chiusi il disco con “L’era Fasol”, una canzone popolare in dialetto. L’idea piacque e, l’anno dopo, durante il tour del Teatro alla Scala in Giappone, trovai il mio CD in vendita nei negozi di Tokyo: un’emozione incredibile.
Un’altra sua grande passione è la scrittura.
Sì, fin dai tempi del liceo. La mia prima raccolta di poesie, “L’ultima rosa”, vinse un premio nazionale e mi incoraggiò a proseguire. Alla scrittura ho unito il disegno e la pittura, che furono i miei primi talenti. Dopo il liceo mi iscrissi a Scenografia all’Accademia di Belle Arti e progettai anche scenografie per il teatro lirico. I miei libri sono tutti illustrati da me.
Il mio primo saggio, “Tenore all’Opera” (Edizioni Pendragon), nacque da quattro anni di incontri pubblici pomeridiani dedicati ai grandi del melodramma. Raccontavo la loro vita tra curiosità e aneddoti, con ascolti musicali e ironia. Quando gli incontri terminarono, l’amministrazione comunale mi chiese di raccogliere tutto in un libro. Così è nato il volume, che è un omaggio a quei momenti e a chi ama la lirica.
Tutti i miei libri hanno lo stesso scopo: umanizzare i grandi miti della musica, raccontandone virtù e debolezze, per renderli più vicini a noi. Il mio progetto editoriale più ampio è “Il Teatro della gente”, due volumi (da Farinelli a Wagner e da Puccini a Dalla), pubblicati da Calamaro, dedicati alla tradizione operistica di Bologna e dell’Emilia.
Si occupa anche di attività no profit.
Insieme ad alcuni amici ho fondato un’associazione per ristrutturare e ridare vita all’antico Teatro Guardassoni di Bologna, un gioiello storico che meritava di rinascere. Il “Progetto Cultura Teatro Guardassoni” è diventato un punto di riferimento nel tessuto sociale bolognese. Nel 2015, spronato dal Comune, ho ideato il “Premio Giuseppe Alberghini”, concorso musicale oggi alla decima edizione, che è cresciuto fino a diventare il più importante dell’Emilia-Romagna.
E la buona cucina?
Beh, è un’altra passione! Per la CNA ho ideato a Palazzo Re Enzo lo spettacolo “Tenore in cucina”, un divertissement lirico-gastronomico dove, mentre canto, preparo piatti dal vivo. Alla fine, il pubblico può assaggiare tutto: celebre è rimasta la mia ricetta degli “spaghetti del tenore”, una simpatica variante degli spaghetti allo scoglio.
Bologna è una città ricca di arte e di storia. C’è un personaggio che ama ricordare?
Mi piace evocare la figura del Cardinale Prospero Lambertini, poi Papa Benedetto XIV, reso immortale dal commediografo Alfredo Testoni. Era un uomo d’arte, di cultura e di grande spirito. Un bolognese autentico, gioviale e aperto.
Come concludiamo questa conversazione?
Ricordando la profonda amicizia tra Luciano Pavarotti e Lucio Dalla, di cui quest’anno ricorre il novantesimo. D’estate si incontravano spesso nella casa di Luciano, sulle colline di Pesaro: Lucio portava un panama, Luciano un grande sombrero messicano. Un giorno, prima di salutarsi, si scambiarono i cappelli. Me lo raccontò Andrea Faccani, cugino di Dalla e oggi presidente della Fondazione omonima. È un’immagine tenera, che racchiude la bellezza e la leggerezza dell’amicizia e dell’arte.
Il cammino di Cristiano Cremonini è un viaggio tra musica, cultura e solidarietà, sostenuto da una curiosità senza confini. Dalla lirica al pop, dal jazz ai progetti culturali, il suo percorso è la dimostrazione che la passione autentica non conosce barriere.
Tutti i dettagli sul suo sito: www.crislatorre.it — un soprannome affettuoso, come solo un emiliano saprebbe scegliere.
Si ringraziano per la collaborazione l’Associazione culturale “Maestro Giuseppe Gilli” di Rosta (To) e Patrizia Artemisia Artist.