ATTUALITÀ POLITICA - 07 ottobre 2025, 12:05

Testolin sì o Testolin no

La norma del dubbio e il manuale di sopravvivenza

Ci voleva il voto del 28 settembre per scoprire che in Valle d’Aosta anche il concetto di “limite di mandato” è, diciamo così, una categoria dello spirito. La legge parla chiaro — o forse no — e così da una parte c’è chi sostiene che Renzo Testolin possa legittimamente tentare un nuovo giro sulla giostra, dall’altra chi brandisce la Costituzione come un’arma contundente gridando: “Basta, ha già dato!”.
Il punto? Nessuno lo sa davvero. E questa, in fondo, è la parte più valdostana della storia.

La norma, scritta in burocratese da monaci amanuensi del diritto, può essere letta in modo restrittivo o ampio, come un oroscopo di Paolo Fox: se la interpreti bene, ti promette un futuro radioso; se sbagli riga, ti ritrovi all’opposizione.
Il testo parla di “presenza in Giunta nelle ultime tre legislature”, ma non precisa se la continuità debba essere ininterrotta o meno. E qui casca il pignoletto: nessun presidente o assessore, negli ultimi quindici anni, è rimasto al timone per tre legislature intere.
Morale: tutto è interpretabile. O, come direbbe qualcuno in Avenue des Maquisards, “tutto è negoziabile”.

Il voto di lista UV racconta una storia antica e moderna insieme: un partito ancora forte nelle urne, ma fragile nel cuore. Le preferenze hanno premiato i soliti noti, con il quintetto alto — Testolin compreso — che si immagina già a spartire assessorati e deleghe come fette di fontina.
Peccato che in politica, più che le fette, contino i coltelli.

Testolin, uomo di apparato e di equilibrio, immagina la nuova giunta “tutta UV”, costruita sulla base dei cinque più votati. È la logica dei numeri, e in teoria, nulla da obiettare. Ma c’è chi, dietro le quinte, sussurra che una giunta così “numerica” rischia di far esplodere i malumori dei piccoli, dei quasi eletti, dei penultimi.
E allora, ecco spuntare l’altra ipotesi: “premiare” qualcuno in fondo alla classifica, giusto per comprare un po’ di pace interna. Un assessorato in cambio del silenzio, un sottogoverno per stemperare la bile.
Altro che “trasparenza e confronto”: qui si gioca a carte coperte, e senza neanche il mazziere.

Nel frattempo, fuori dal fortino giallo-nero, regna il gelo artico. Nessun tavolo con possibili alleati, nessun dialogo aperto. Tutti aspettano che l’Union si guardi allo specchio e decida chi è: il partito del presidente o il partito di tutti.
Per ora, è il partito del dubbio.
E il dubbio, si sa, in politica è come la nebbia di Saint-Christophe: rallenta, confonde e — soprattutto — fa deragliare i treni.

Il nodo Testolin e il voto UV

L’Union Valdôtaine tiene botta, confermandosi prima lista, ma con un consenso distribuito in modo squilibrato. I primi cinque candidati raccolgono quasi la metà delle preferenze complessive, segno di una forte concentrazione del voto personale e di una debole identità collettiva.

L’articolo sulla limitazione dei mandati in Giunta lascia aperta una doppia interpretazione:

Restrittiva: tre legislature complessive, anche non consecutive = stop.

Estensiva: tre legislature consecutive = ok, si può tornare dopo una pausa.
La mancanza di precedenti diretti complica ulteriormente il quadro e apre spazio a una valutazione politica più che giuridica.

Scenario A (Testolin sì): l’UV mantiene coerenza interna, Testolin ricompone il puzzle e si presenta come garante di stabilità.

Scenario B (Testolin no): parte la resa dei conti interna e si apre la corsa alla successione, con possibili convergenze esterne verso il centro o verso l’area civica.

In entrambi i casi, l’assenza di confronto con gli alleati e l’opacità delle trattative interne rischiano di trasformare la “Maison” in una casa piena di porte chiuse e finestre appannate.

pi.mi.