Antonella Palermo –VN
Missionari e migranti trovano nel Giubileo a loro oggi dedicato una saldatura molto indovinata.
Li accomuna il viaggio alle frontiere. Oggi, spesso, queste sono segnate da discriminazione e violenza, nel caso dei migranti che cercano una terra più propizia; ma si sono pure in qualche modo ravvicinate, tanto da portare a dover riconsiderare — già da tempo — il senso stesso della missione come opera da spendere sempre più nei luoghi di crisi esistenziali e non “solo” a latitudini estreme.
Concetto chiave che riprende e sottolinea Leone XIV nell’omelia della Messa presieduta in questa domenica 5 ottobre, sul sagrato della Basilica di San Pietro, di fronte a una piazza con quarantamila persone che la pioggia non ha dissuaso dal parteciparvi.
La vocazione missionaria nasce dal «desiderio di portare a tutti la gioia e la consolazione del Vangelo – sottolinea il Papa – specialmente a coloro che vivono una storia difficile e ferita».
Il pensiero va subito ai «fratelli migranti», alla paura e alla solitudine che li attraversa quando ad attraversare mari e confini insidiosi sono i loro corpi e i loro sogni.
Dopo aver ribadito — come fece Papa Francesco — che tutta la Chiesa è missionaria, Leone resta nel solco tracciato dal suo predecessore e invita a «continuare l’opera di Cristo nelle periferie del mondo, segnate a volte dalla guerra, dall’ingiustizia e dalla sofferenza».
Una bimba fa capolino tra la folla dei fedeli presenti in piazza San Pietro (@Vatican Media)
Poi si fa interprete della grande domanda che pervade in particolare l’oggi, intriso da più parti di vere e proprie carneficine.
«Scenari oscuri» — dice — dinanzi ai quali riemerge l’interrogativo non estraneo alla Bibbia: «Perché, Signore, sembri assente?».
La risposta del Signore, però, ci apre alla speranza. Se il profeta denuncia la forza ineluttabile del male che sembra prevalere, il Signore dal canto suo gli annuncia che tutto questo avrà un termine, una scadenza, perché la salvezza verrà e non tarderà: “Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede” (Ab 2,4).
C’è una vita, dunque, una nuova possibilità di vita e di salvezza che proviene dalla fede, perché essa non solo ci aiuta a resistere al male perseverando nel bene, ma trasforma la nostra esistenza tanto da renderla uno strumento della salvezza che Dio ancora oggi vuole operare nel mondo.
Il Pontefice parla di una salvezza — quella offerta dal Vangelo — che non si impone con mezzi straordinari, «che si fa strada – precisa – silenziosa e apparentemente inefficace».
L’atteggiamento da imitare è quello dei “servi inutili” narrato nel brano del Vangelo di Luca 17, a servizio dei fratelli e non degli interessi personali.
Questo è lo spirito missionario.
Lo scandiva bene lo stesso Paolo VI, ricorda il Papa, che oggi cita il Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale del 1971, in cui quelli che egli definiva “abissi di perplessità e di disperazione senza precedenti” si accompagnavano a vertici di progresso altrettanto senza precedenti.
Non molto pare cambiato, in effetti. Eppure: Oggi si apre nella storia della Chiesa un’epoca missionaria nuova.
Se per lungo tempo alla missione abbiamo associato il “partire”, l’andare verso terre lontane che non avevano conosciuto il Vangelo o versavano in situazioni di povertà, oggi le frontiere della missione non sono più quelle geografiche, perché la povertà, la sofferenza e il desiderio di una speranza più grande sono loro a venire verso di noi.
Non si tratta tanto di “partire”, quanto invece di “restare” per annunciare il Cristo attraverso l’accoglienza, la compassione e la solidarietà — afferma il Papa — che precisa il significato del restare:
non si tratta infatti di «rifugiarci nella comodità del nostro individualismo», ma di restare per «guardare in faccia coloro che arrivano da terre lontane e martoriate».
Per aprire loro le braccia e il cuore, accoglierli come fratelli — insiste Leone —, «essere per loro una presenza di consolazione e speranza».
Fratelli e sorelle, quelle barche che sperano di avvistare un porto sicuro in cui fermarsi, e quegli occhi carichi di angoscia e speranza che cercano una terra ferma in cui approdare, non possono e non devono trovare la freddezza dell’indifferenza o lo stigma della discriminazione!
Un omaggio floreale alla scultura della barca di migranti collocata in piazza San Pietro (@Vatican Media)
L’appello è a tanti missionari e missionarie, ai credenti laici che affiancano la pastorale migratoria, a ciascuno di noi, affinché si promuova «una nuova cultura della fraternità sul tema delle migrazioni, oltre gli stereotipi e i pregiudizi».
Il Papa chiede una rinnovata cooperazione missionaria tra le Chiese per rendere il cristianesimo «più aperto, più vivo e più dinamico».
Parallelamente, la missione ad gentes deve incontrare popoli e culture con «sacro rispetto».
Vorrei poi ricordare la bellezza e l’importanza delle vocazioni missionarie.
Mi rivolgo in particolare alla Chiesa europea: oggi c’è bisogno di un nuovo slancio missionario, di laici, religiosi e presbiteri che offrano il loro servizio nelle terre di missione, di nuove proposte ed esperienze vocazionali capaci di suscitare questo desiderio, specialmente nei giovani.
La benedizione conclusiva del Successore di Pietro si accompagna a parole di benevolenza per quanti affrontano le tante forme di una migrazione forzata.
L’affidamento è a Maria, nella bellissima immagine di «prima missionaria del suo Figlio, che cammina in fretta verso i monti della Giudea portando Gesù in grembo e mettendosi al servizio di Elisabetta».
Lei ci sostenga — è la preghiera del Papa — perché ciascuno di noi diventi collaboratore del Regno di Cristo: Regno di amore, di giustizia e di pace.
Siate sempre i benvenuti! I mari e i deserti che avete attraversato, nella Scrittura, sono “luoghi della salvezza”, in cui Dio si è fatto presente per salvare il suo popolo.
Vi auguro di trovare questo volto di Dio nelle missionarie e nei missionari che incontrerete!
Sono quei migranti per i quali si levano le invocazioni nella preghiera universale affinché, «nell’accoglienza e nella condivisione dei fratelli, trovino il sostegno per un’autentica integrazione».
La supplica è anche per i capi delle nazioni: «Attenti ai bisogni dei più poveri, promuovano la pace ed edifichino una società più giusta e solidale».
Intanto risuona il canto di Comunione, dal Salmo 33:
Chi cerca il Signore non manca di nulla. Gli occhi del Signore sui giusti e i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
E risuonano ancora le parole poco prima dell’Angelus, che hanno fatto eco a quelle pronunciate nell’omelia:
Nessuno deve essere costretto a partire, né sfruttato o maltrattato per la sua condizione di bisognoso o di forestiero.
Al primo posto, sempre, la dignità umana!
Lo hanno sottolineato sommessamente alcuni migranti all’inizio della Messa con un omaggio floreale alla scultura Angels Unawares, che dal 2019 — inaugurata da Francesco in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato — campeggia in piazza San Pietro e raffigura un gruppo di persone di diverse epoche e culture su una barca, con ali d’angelo che spuntano dal centro, simbolo della sacralità e dell’ospitalità.
Così come lo ha ribadito lo stesso Leone XIV che, dopo la celebrazione eucaristica, si è concesso un lungo giro in papamobile tra i settori della piazza ancora gremita di pellegrini: nella tenerezza della benedizione e nell’affetto paterno con cui abbraccia tanti bambini, il desiderio di un mondo senza muri e pienamente riconciliato.