Ci sono vicende che da episodi di cronaca diventano motori di cambiamento. All’inizio dell’estate, la lettera aperta di due genitori valdostani aveva sollevato indignazione: il loro bambino, affetto da epilessia, era stato escluso da alcuni centri estivi a causa della necessità di assumere un farmaco salvavita. Una discriminazione che aveva fatto rumore, rimbalzando sui media e nelle famiglie, perché metteva a nudo un problema più ampio: come garantire davvero pari opportunità ai minori con fragilità sanitarie?
Non tutti, per fortuna, avevano reagito chiudendo le porte. Alcuni gestori si erano dichiarati pronti ad accogliere il bambino, dimostrando che la volontà di includere poteva prevalere sulle paure legate alla responsabilità. Il piccolo era stato inserito in una realtà estiva e l’esperienza era filata liscia, senza problemi. Da quell’episodio è nata la consapevolezza che la buona volontà non basta: serviva una cornice formale, chiara e condivisa.
Il 18 settembre 2025 è arrivata la risposta: AICE Valle d’Aosta ODV (Associazione Italiana Contro l’Epilessia) ha firmato con il progetto educativo estivo Été au village del Comitato di famiglie Spazio per crescere di Gressan un Protocollo per la fruizione di attività ludico-ricreative, extrascolastiche e del tempo libero da parte di minori che necessitino l’eventuale somministrazione di medicinale salvavita che non necessiti di competenza e discrezionalità sanitaria.
Il documento, spiega AICE, «è estendibile ad altre patologie che possano necessitare la somministrazione di medicinali salvavita che non richiedano specialità medica». Questo significa che non riguarda soltanto l’epilessia, ma tutte quelle condizioni in cui un farmaco, somministrato in maniera semplice e codificata, può fare la differenza tra un rischio grave e la vita. È una presa di posizione che chiama in causa la responsabilità educativa e sociale: nessun minore deve essere escluso da esperienze di crescita collettiva per motivi che possono essere affrontati con strumenti adeguati.
Un capitolo importante del protocollo è quello intitolato Gestione dei luoghi e delle attività, che stabilisce come ogni percorso vada adattato «alle specificità del singolo minore e alle patologie del caso». Non si tratta, quindi, di una regola impersonale, ma di una cornice flessibile che mette al centro le esigenze concrete dei bambini e il dialogo con le famiglie.
La firma, sottolinea la nota, «rappresenta la prima ufficializzazione di tale tipologia di buona prassi in Valle d’Aosta». E non è solo un atto formale: è un segnale politico e culturale, perché trasforma un problema vissuto da una singola famiglia in un modello operativo a disposizione di tutta la comunità.
L’accordo non nasce nel vuoto. Pochi mesi fa, la Giunta regionale aveva adottato la Deliberazione n. 861 del 7 luglio 2025, istituendo un tavolo regionale di coordinamento e monitoraggio per l’assistenza integrata alla persona con epilessia, su richiesta di AICE Valle d’Aosta. Questo passaggio istituzionale fa da cornice a una stagione di rinnovata attenzione sul tema.
Dopo la firma del protocollo, AICE ha già lanciato un’azione informativa verso oltre 40 gestori di attività estive e non solo, invitandoli ad adottare lo stesso modello inclusivo. Le prime adesioni stanno arrivando, segno che il messaggio è stato recepito. L’associazione vuole creare presto una sezione dedicata sul proprio sito, dove saranno elencati i gestori disponibili a garantire la somministrazione di medicinali salvavita che non richiedano discrezionalità medica, previa formazione minima. Uno strumento che diventerà punto di riferimento per le famiglie valdostane, spesso lasciate sole a cercare informazioni frammentarie.
La forza di questo protocollo è duplice: da un lato mette nero su bianco un principio di inclusione già riconosciuto a parole ma troppo spesso disatteso nei fatti; dall’altro mostra che la Valle d’Aosta, grazie alla spinta dei genitori e alla collaborazione dei gestori, può fare da apripista su un tema nazionale.
Un bambino non è mai solo un “caso sanitario”: è una persona con il diritto di crescere, giocare, fare sport, vivere le stesse esperienze dei coetanei. Il protocollo appena firmato lo ricorda con chiarezza. E ricorda a tutti noi che la comunità si misura anche e soprattutto da come tratta i suoi membri più fragili.