ECONOMIA - 16 settembre 2025, 12:13

Anche nella nostra Petite Patrie i prezzi continuano a salire, il Governo romano minimizza, ma i cittadini pagano

Ad agosto 2025 l’indice dei prezzi al consumo registra ad Aosta un +0,7% sul mese precedente e un +0,3% su base annua. Crescono i costi di ristorazione, trasporti e alimentari, mentre il Governo centrale ostenta ottimismo. Per i valdostani, però, la realtà quotidiana racconta un’altra storia fatta di spese sempre più pesanti

Ad agosto 2025 l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale (NIC) ha registrato ad Aosta un incremento dello 0,7% rispetto a luglio e dello 0,3% rispetto ad agosto 2024. Numeri che, a prima vista, potrebbero sembrare contenuti, ma che nascondono una realtà più complessa: i prezzi continuano a crescere nei settori che incidono di più sulla vita quotidiana dei cittadini.

A pesare maggiormente sono stati i servizi ricettivi e di ristorazione (+3,1%), i trasporti (+0,9%) e i prodotti alimentari (+0,4% sul mese e +2,7% su base annua). In calo soltanto i costi legati ad abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-0,9% sul mese), ma questo segno meno non consola: è il riflesso di un mercato energetico instabile, dove la volatilità dei prezzi internazionali si scarica comunque sulle famiglie.

Il Governo centrale, intanto, continua a parlare di “stabilità dei prezzi” e di un’inflazione sotto controllo. Ma i dati concreti raccontano altro. I valdostani se ne accorgono ogni giorno: andare al supermercato significa spendere di più per pane, verdure, latticini e pesce. Al ristorante il conto cresce, spesso senza che la qualità o il servizio migliorino. E per muoversi – in auto, in treno o in aereo – il biglietto o il pieno costano sensibilmente di più.

Un quadro che stride con la narrazione ottimista di Roma. Non è un caso che la stessa Istat segnali come l’istruzione sia salita del 4,1% su base annua, una cifra che pesa in particolare sulle famiglie con figli. Al contrario, le “voci in calo” – comunicazioni (-5,1%) e trasporti (-0,6% annuo) – riflettono soprattutto riduzioni settoriali e non si traducono in un effettivo alleggerimento delle spese familiari.

La responsabilità del Governo centrale sta tutta nella mancanza di misure incisive: bonus a pioggia e dichiarazioni rassicuranti non bastano. Manca una politica strutturale sui redditi, sul contenimento dei costi energetici e sul sostegno a chi non riesce più a reggere il peso del carrello. In Valle d’Aosta, regione di confine e con costi già di per sé più elevati rispetto ad altre aree d’Italia, questa leggerezza pesa doppio.

Il paradosso è evidente: mentre a Roma si vantano numeri “sotto controllo”, qui cresce il divario tra stipendi e spese quotidiane. Un Governo che davvero avesse a cuore la vita dei cittadini avrebbe il coraggio di chiamare le cose col loro nome: inflazione strisciante, salari fermi e famiglie sempre più in difficoltà.

E invece, ancora una volta, si preferisce minimizzare. Ma i valdostani – che vedono crescere il conto della spesa, del pieno e della cena fuori – sanno bene che la verità è un’altra: l’inflazione non sarà più quella a due cifre, ma è diventata una tassa occulta che ogni mese svuota il portafoglio.

In Valle d’Aosta questa situazione pesa ancora di più: stipendi più bassi rispetto alla media del Nord Italia e un costo della vita spesso più alto, soprattutto su alimentari e servizi. Davanti a tutto ciò il Governo centrale resta sordo, incapace di misure mirate che tengano conto delle peculiarità dei territori alpini e di confine.

Se Roma non ascolta, allora spetta all’Autonomia valdostana alzare la voce: non per rivendicare privilegi, ma per difendere il diritto dei cittadini a vivere dignitosamente. Perché un’Autonomia che tace davanti a un carrello della spesa sempre più caro rischia di diventare solo un guscio vuoto, utile a pochi e inutile ai molti.

je.fe.