Cosa succede quando una persona anziana prende dieci, dodici farmaci al giorno? Chi si occupa di verificare se tutte quelle pillole sono ancora necessarie, se possono interagire tra loro o provocare danni, se esiste un’alternativa più sicura? È da domande come queste che nascono i tre nuovi minidossier pubblicati dal Centro Regionale di Farmacovigilanza della Valle d’Aosta, redatti da un’équipe di farmacisti che lavora ogni giorno dietro le quinte della sanità pubblica, ma con un impatto diretto e concreto sulla qualità delle cure.
Il progetto si chiama COSIsiFA, acronimo che suona quasi familiare, come una domanda rivolta ai cittadini: Come si fa ad avere informazioni chiare e affidabili sui farmaci? La risposta la dà l’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, che ha avviato un programma nazionale per costruire una rete tra Regioni, medici, farmacisti e cittadini. Obiettivo: informare in modo semplice ma scientificamente rigoroso, rendere trasparente il rapporto tra terapie, effetti collaterali e scelte cliniche.
La Valle d’Aosta c’è, e partecipa attivamente grazie al lavoro del CRFV, che ha prodotto tre documenti fondamentali per affrontare uno dei temi più delicati della medicina moderna: la gestione farmacologica del paziente fragile. Il primo dossier affronta il tema della deprescrizione negli anziani: "Molti farmaci – spiegano gli autori – vengono mantenuti per abitudine, senza una reale indicazione. Rivedere la terapia può evitare effetti avversi e migliorare la qualità della vita." Un principio di buonsenso che diventa prassi solo quando c’è il tempo e la competenza per fermarsi a riflettere.
Il secondo dossier si concentra sugli inibitori di pompa protonica, ovvero i farmaci per la protezione gastrica. Prescritti spesso in modo preventivo, rimangono per anni nella routine dei pazienti, talvolta senza un motivo valido. "Il loro uso cronico – si legge nel documento – può aumentare il rischio di fratture, carenze vitaminiche, infezioni." Anche qui, la parola d’ordine è appropriatezza.
Il terzo contributo, forse il più complesso, riguarda l’aderenza terapeutica: il fatto cioè che i pazienti, in particolare quelli anziani e affetti da più patologie, spesso dimenticano, confondono o interrompono le cure. "Senza aderenza – osserva l’équipe – anche la terapia più efficace diventa inutile." Si propongono allora strumenti pratici, ma anche una visione più umana e personalizzata dell’assistenza: educazione, supporti tecnologici, alleanza tra medici, farmacisti e familiari.
In un momento in cui la sanità è sotto pressione e la fiducia vacilla, questi minidossier non sono semplici pubblicazioni specialistiche. Sono atti concreti di prevenzione e trasparenza. Parlano di cura, di responsabilità condivisa, di quella medicina fatta bene che non fa notizia ma cambia la vita delle persone.
Che un piccolo sistema sanitario come quello valdostano riesca a distinguersi in una rete nazionale non è scontato, e merita attenzione. “Una farmacovigilanza attiva è anche questo – afferma il dottor Luboz –: anticipare i rischi, comunicare in modo efficace, mettere al centro il paziente”. E in questo caso, il paziente è spesso un nonno, una nonna, qualcuno che merita tutta la nostra attenzione.
Certo, tutto questo richiede tempo, risorse, continuità. Ma si tratta di un investimento sulla sicurezza delle cure, su una sanità che sa guardare oltre la prescrizione e che accompagna davvero le persone nel percorso di salute. Da parte mia, Piero, condivido pienamente lo spirito di questi dossier: meno farmaci inutili, più dialogo tra cittadini e operatori, più cultura sanitaria. E magari, un domani, anche una maggiore attenzione politica a queste pratiche virtuose che migliorano silenziosamente la vita di tutti.