- 13 luglio 2025, 14:20

Lo zaino rimasto a terra

Natale era un uomo vigoroso, sempre pronto a prodigarsi per amici e vicini. Un punto di riferimento importante per la comunità valligiana

Ugo Costantino,  premiato allevatore e agricoltore  residente in Val Germanasca (To) in borgata Cerisieri, era fiero di aver onorato la promessa fatta al padre Germano tanti anni prima.
«Quando prenderai la patente di guida – diceva spesso il babbo – andremo in Austria a cercare la tomba di nonno Natale». Pensavano entrambi con struggente affetto a quel giovane soldato dal fisico imponente, figlio di un carabiniere, morto di stenti nel fiore degli anni in un campo di concentramento dopo la disfatta di Caporetto e sepolto in terra straniera. Un valoroso alpino che non aveva mai potuto riabbracciare la moglie Giuseppina e conoscere il loro unico figlio, nato mentre lui si trovava oltre frontiera. Quello di Giuseppina Baret e Natale Costantino era stato un matrimonio contrastato: appartenevano a religioni differenti, lei valdese e lui cattolico; in quell’epoca tra i nostri monti era un dramma. 

Natale era un uomo vigoroso, sempre pronto a prodigarsi per amici e vicini. Un punto di riferimento importante per la comunità valligiana. 

L’ unione discussa era stata allietata dalla nascita di una bella bimba, che subito si era spenta. Giuseppina si disperava. Così, Natale era sceso in città, a Torino, per adottare un bambino abbandonato presso l’orfanotrofio di Via Saccarelli, così Mario Calvetti era arrivato a completare il piccolo nucleo in cui sarebbe cresciuto. Giuseppina era incinta del secondogenito quando Natale aveva dovuto recarsi al fronte, dove incombeva il primo conflitto mondiale. Non sarebbe mai ritornato a casa.  

Nelle rare lettere, conservate da Ugo in un baule, parlava di una fame devastante. Invano Giuseppina scendeva a piedi dalla borgata all’ufficio postale per inviargli le migliori castagne, che non avrebbe mai ricevuto. La giovane donna rimase sola, con due bambini da crescere. Aveva una fedele capra su cui contare, unica risorsa certa insieme alla scarna pensione delle vedove di guerra. 

Morì in età avanzata presso il Cottolengo di Pinasca. Non si era mai risposata. 

Germano diventò un uomo, solido come una roccia, e sposò Beatrice, una bella ragazza bruna, alta, col volto incorniciato da soffici trecce, operaia, casalinga e contadina instancabile. Fu un altro matrimonio misto: lui valdese, lei cattolica. Nacque Ivo, destinato a morire tragicamente a vent’anni per un incidente stradale, poco prima di partire per il servizio militare. E in seguito ecco arrivare Ugo, loro immensa gioia. 


Gli anni erano passati e Germano era stato ucciso da una malattia crudele. Anche sua moglie, Beatrice, era deceduta nel 2006, condannata da un male incurabile.

 Il viaggio in Austria veniva spesso progettato e rimandato. 

 Nel 2015, Ugo, insieme alla moglie Ramona,  aveva partecipato a una gita dell’ANA di Pinerolo, proprio nei luoghi della guerra del ’15-‘18. Per l’occasione, gli Alpini di Pinerolo erano ospiti dei commilitoni di Cividale. Dopo una visita all’ossario di Caporetto, il desiderio di porgere al nonno un saluto affettuoso era rinato più forte che mai.
Grazie a Francesco Busso, presidente della sezione ANA pinerolese, Ugo era entrato in possesso del foglio matricolare di Natale e accompagnato da Ramona, con due delle tre figlie,  Serena e Silvia, eccolo partire per Braunau Am Inn Haselbach. Fortunatamente, il nonno non riposava in un ossario: c’era una tomba che lo ricordava nel vasto cimitero internazionale, verdeggiante e ben tenuto, testimone dell’estremo sacrificio di tante giovani vite. Un luogo sereno e solenne dove spesso si svolgono tuttora cerimonie italo-austriache che esortano alla fratellanza e alla pace. Accanto alla lapide ripulita con amore, fanno ora bella mostra di sé i fiori deposti dai nipoti. Nella piena consapevolezza che in Dio ogni generazione è presente. In Austria non esistono, come qui, tombe abbandonate. Perché un’organizzazione specializzata nel settore ne cura e garantisce la giusta dignità. 

L’8 luglio 2021, troppo presto, Ugo ha posato lo zaino a terra per trasferirsi negli sconfinati pascoli celesti, "dove nulla è mai disperato", lasciandoci addolorati e sgomenti. Il suono poetico e struggente di tanti rodùn (campanacci decorati) lo ha salutato durante una suggestiva cerimonia di commiato in Borgata Cerisieri a Pomaretto. Una sindrome che la medicina non riesce a sconfiggere lo ha portato via in poco tempo.

Ma a noi sembrerà sempre di vederlo arrivare da un momento all’altro: con un mazzo di rododendri, con un cestino pieno di violette, con un camion carico di legna da ardere, con tanti funghi appena raccolti. I parenti diversamente giovani lo attendevano con gioia perché li portava in montagna, sfidando le vie più impervie con il suo indomito fuori strada. 

Arrivederci, Ugo. Ti vogliamo bene. 

 

Edi Morini