CRONACA - 11 maggio 2025, 19:35

A Biella sfilano gli alpini della Valle d’Aosta: la Penna Nera è ancora un cuore che batte

Nel giorno della 96ª Adunata Nazionale, la Valle d’Aosta ha scritto un’altra pagina di alpinità con i giovani del Centro Addestramento Alpino e i volontari della Sezione ANA. Una presenza che non è folclore, ma coscienza collettiva di una patria che resiste con dignità

Le foto sono di BiellaNews

Le foto sono di BiellaNews

A Biella, l’11 maggio 2025, l’Italia ha rivisto il volto più nobile della sua storia. Non quella dei palazzi o delle cronache, ma quella che cammina in silenzio, con il passo sicuro e composto degli alpini, sotto il sole o la pioggia, con lo stesso spirito di quando partivano per il fronte o risalivano un sentiero di montagna con uno zaino pieno e il cuore ancora più pesante.

In prima fila, la Valle d’Aosta, con una folta delegazione di sindaci e sindache, l'on Franco Manes (a sn nella foto). Non per formalità, ma per storia, per dignità, per coerenza. Il Centro Addestramento Alpino di Aosta, culla della preparazione delle truppe in montagna, ha portato con sé il presente e il futuro della Penna Nera: 144 giovani del corso “Solarolo III”, che con un’età media di vent’anni hanno fatto la loro prima vera marcia pubblica nel solco di una tradizione che non teme il tempo.

Sono i figli della nostra terra, o giovani provenienti da tutta Italia che sulla neve e sulle rocce delle nostre Alpi imparano il significato profondo del sacrificio, del dovere, della fratellanza. In Valle d’Aosta non si impara solo a sciare o a fare bivacco: si impara a fidarsi del compagno, a superare il limite fisico e mentale, a rispettare la natura, a stare in silenzio quando il paesaggio parla da solo.

A Biella, questi ragazzi hanno sfilato insieme al 3° Reggimento Alpini della Taurinense, in uniforme da combattimento, con la Bandiera di Guerra tra le più decorate dell’Esercito Italiano. Dietro di loro, la Sezione ANA della Valle d’Aosta, con quasi mille presenze, tra “veci” e giovani in armi: un’immagine potente, che racchiude la continuità tra le generazioni. Come se lo stesso passo battesse il tempo tra passato e futuro, senza interruzioni.

È stato un momento di grande orgoglio per chi conosce e vive il valore degli alpini non solo nella dimensione militare, ma anche in quella civile e umana. Perché la Penna Nera non è un accessorio di folklore: è un segno di appartenenza, di impegno, di servizio. Gli alpini sono sempre stati dove lo Stato a volte non arrivava: a spalare neve nei paesi isolati, a soccorrere terremotati, a costruire ponti e scuole nei Balcani, a vigilare i confini senza fanfare.

Nella Cittadella degli Alpini, allestita nei Giardini “Alpini d’Italia” di Biella, il Centro Addestramento Alpino ha mostrato la sua eccellenza, spiegando anche ai più giovani cos’è la montagna e cosa vuol dire affrontarla. Un ponte tibetano, una parete di arrampicata, uno stand sul biathlon: strumenti educativi, certo, ma anche simboli di una sfida costante all’altitudine, che è anche interiore.

C’era poi un settore dedicato all’ambiente artico e subartico, con equipaggiamenti per operare in climi estremi. E non è un vezzo esotico: è preparazione seria e necessaria, in un mondo dove i confini non sono solo geografici, ma climatici, politici, esistenziali. Gli alpini si addestrano per affrontare l’ignoto, ma anche per portare aiuto dove c’è bisogno, senza distinzione di bandiere o dialetti.

Uno dei momenti più emozionanti è stato il ricordo dell’esercitazione “Campo Alta Quota”, condotta lo scorso dicembre sul Ghiacciaio del Gigante, a 3.500 metri: un test di capacità fisica, tecnica e mentale. Un’esperienza che dice molto su come si formano quegli uomini che poi troviamo in prima linea nelle emergenze, ma anche nelle scuole, a spiegare il senso del dovere a studenti sempre più smarriti.

Sì, gli alpini sono ancora un modello. In un’epoca dove tutto è fluido e spesso superficiale, la loro fermezza, la loro sobrietà, il loro orgoglio non arrogante rappresentano una bussola etica. Lo dico da valdostano, da cittadino, da giornalista. La Penna Nera non divide, ma unisce, e lo fa senza proclami.

La presenza delle autorità – il Presidente del Senato La Russa, il Ministro della Difesa Crosetto, il Sottosegretario Rauti – ha certamente dato solennità all’evento. Ma i veri protagonisti sono stati loro: i ragazzi con lo sguardo emozionato, i vecchi con la schiena dritta, i volontari ANA con la mano pronta a stringere quella di un bambino incuriosito.

E poi c’era il Labaro dell’Associazione Nazionale Alpini, con le sue 209 Medaglie d’Oro al Valor Militare. Una reliquia laica, che racconta il sangue, il freddo, il coraggio, la solidarietà. Quel Labaro non è un pezzo da museo, è un patto di memoria attiva, che i giovani del Centro Addestramento Alpino hanno promesso di onorare, ricevendo il cappello alpino da chi li ha preceduti in una cerimonia che è rito di passaggio e giuramento morale.

In questo, la Valle d’Aosta gioca un ruolo essenziale. Non solo perché ospita il Centro di addestramento tra i più prestigiosi d’Europa, ma perché incarna nei suoi paesi, nei suoi volti, nei suoi paesaggi, lo spirito stesso dell’alpinità. Qui il volontariato ANA è ancora linfa viva, le sezioni sono attive, presenti, pronte. Non c’è festa patronale o emergenza senza gli alpini. E nessuna montagna è troppo ripida se a salirla si è in cordata.

Lo hanno dimostrato ancora una volta a Biella, sotto gli occhi di migliaia di cittadini commossi, tra tricolori, cori, applausi e lacrime. Perché gli alpini, alla fine, fanno piangere. Di gratitudine. Di nostalgia. Di speranza.

Video di Carlo Gobbo

Carlo Dufour