A Biella, l’11 maggio 2025, l’Italia ha rivisto il volto più nobile della sua storia. Non quella dei palazzi o delle cronache, ma quella che cammina in silenzio, con il passo sicuro e composto degli alpini, sotto il sole o la pioggia, con lo stesso spirito di quando partivano per il fronte o risalivano un sentiero di montagna con uno zaino pieno e il cuore ancora più pesante.
In prima fila, la Valle d’Aosta, con una folta delegazione di sindaci e sindache, l'on Franco Manes (a sn nella foto). Non per formalità, ma per storia, per dignità, per coerenza. Il Centro Addestramento Alpino di Aosta, culla della preparazione delle truppe in montagna, ha portato con sé il presente e il futuro della Penna Nera: 144 giovani del corso “Solarolo III”, che con un’età media di vent’anni hanno fatto la loro prima vera marcia pubblica nel solco di una tradizione che non teme il tempo.
A Biella, questi ragazzi hanno sfilato insieme al 3° Reggimento Alpini della Taurinense, in uniforme da combattimento, con la Bandiera di Guerra tra le più decorate dell’Esercito Italiano. Dietro di loro, la Sezione ANA della Valle d’Aosta, con quasi mille presenze, tra “veci” e giovani in armi: un’immagine potente, che racchiude la continuità tra le generazioni. Come se lo stesso passo battesse il tempo tra passato e futuro, senza interruzioni.
Nella Cittadella degli Alpini, allestita nei Giardini “Alpini d’Italia” di Biella, il Centro Addestramento Alpino ha mostrato la sua eccellenza, spiegando anche ai più giovani cos’è la montagna e cosa vuol dire affrontarla. Un ponte tibetano, una parete di arrampicata, uno stand sul biathlon: strumenti educativi, certo, ma anche simboli di una sfida costante all’altitudine, che è anche interiore.
Uno dei momenti più emozionanti è stato il ricordo dell’esercitazione “Campo Alta Quota”, condotta lo scorso dicembre sul Ghiacciaio del Gigante, a 3.500 metri: un test di capacità fisica, tecnica e mentale. Un’esperienza che dice molto su come si formano quegli uomini che poi troviamo in prima linea nelle emergenze, ma anche nelle scuole, a spiegare il senso del dovere a studenti sempre più smarriti.
Sì, gli alpini sono ancora un modello. In un’epoca dove tutto è fluido e spesso superficiale, la loro fermezza, la loro sobrietà, il loro orgoglio non arrogante rappresentano una bussola etica. Lo dico da valdostano, da cittadino, da giornalista. La Penna Nera non divide, ma unisce, e lo fa senza proclami.
La presenza delle autorità – il Presidente del Senato La Russa, il Ministro della Difesa Crosetto, il Sottosegretario Rauti – ha certamente dato solennità all’evento. Ma i veri protagonisti sono stati loro: i ragazzi con lo sguardo emozionato, i vecchi con la schiena dritta, i volontari ANA con la mano pronta a stringere quella di un bambino incuriosito.
E poi c’era il Labaro dell’Associazione Nazionale Alpini, con le sue 209 Medaglie d’Oro al Valor Militare. Una reliquia laica, che racconta il sangue, il freddo, il coraggio, la solidarietà. Quel Labaro non è un pezzo da museo, è un patto di memoria attiva, che i giovani del Centro Addestramento Alpino hanno promesso di onorare, ricevendo il cappello alpino da chi li ha preceduti in una cerimonia che è rito di passaggio e giuramento morale.
In questo, la Valle d’Aosta gioca un ruolo essenziale. Non solo perché ospita il Centro di addestramento tra i più prestigiosi d’Europa, ma perché incarna nei suoi paesi, nei suoi volti, nei suoi paesaggi, lo spirito stesso dell’alpinità. Qui il volontariato ANA è ancora linfa viva, le sezioni sono attive, presenti, pronte. Non c’è festa patronale o emergenza senza gli alpini. E nessuna montagna è troppo ripida se a salirla si è in cordata.
Video di Carlo Gobbo