Molteplici sono le notizie riportate dalle varie agenzie riguardanti ritorsioni e attacchi terroristici perpetrati ai danni di civili e giovanissimi nei vari paesi interessati da conflitti bellici in Asia o Africa. Per non parlare dei profughi o dei piccoli clandestini in fuga dalla fame o guerra nella propria regione di provenienza che subiscono le angherie di adulti senza scrupoli.
Nonostante le sollecitazioni dell’Onu e di altre organizzazioni umanitarie troppe crudeltà e barbarie si abbattono sula popolazione più indifesa e preziosa del pianeta
La violenza in sé è un atto odioso, vile, esecrabile, il cui esito finale, purtroppo in molti casi, determina la dissoluzione dell’integrità psichica della persona abusata; specialmente quando si tratta di una piccola vittima.
Da qui la difficoltà di superare il trauma subito con ripercussioni gravi sulla possibilità di condurre un’esistenza normale e sviluppare le proprie potenzialità in seno alla propria comunità di appartenenza in modo sereno e proficuo.
La violenza in molti casi genera violenza, stati di aggressività o al contrario passività. È una spirale su cui intervenire, prevenendo.
Perché i maltrattamenti non riguardano solo bambini collocati in qualche sperduto angolo di mondo per i quali ci sembra di non poter operare; in realtà in molte famiglie italiane l’orrore è dietro l’angolo.
Proprio per tale ragione la scuola deve saper cogliere eventuali segnali di malessere e interpretare quanto più è possibile il disagio di una potenziale vittima. Attraverso il dialogo, i dibattiti incentrati sul tema, forme di espressione grafiche o verbali o l’incontro con medici e psicologi si potrà aprire una “finestra” su una realtà sommersa, buia, negata, che, individuata potrebbe consentire invece il recupero e maggiore tutela ai soggetti da proteggere.
“Non ci può essere rivelazione più acuta dell'anima di una società che il modo in cui tratta i suoi bambini.” (Nelson Mandela)