“Riaprite subito gli impianti di risalita” è la disperata richiesta dei maestri di sci italiani e valdostani che da più di un anno sono fermi. Non solo la scienza può dimostrare la sicurezza in cui si potrebbero aprire gli impianti, ma anche i Decreti che sono stati emessi.
Lo sci è fatto di code alle partenze, risalite e tanto sport. In tutti i Dpcm lo sport all’aperto, senza bisogno di essere atleti di interesse nazionale, è stato consentito e non si può certo contestare che lo sci non sia uno sport all’aperto, si è passata la scorsa estate a dire che la montagna è sicura, qualcuno ci deve spiegare perché non lo è più e perché, contrariamente a quello che dettano i Decreti, lo sci non è riconosciuto come sport all’aperto, un adulto può anche farne a meno, ma i ragazzini, quei ragazzini soprattutto valdostani che vivono di sci, quasi in simbiosi con i loro maestri , come possono farne a meno? E’ forse più sicuro tenerli a casa, chiusi nelle loro stanze a giocare con la playstation?
Non ne patisce solo il corpo, ma la mente: dopo una mattinata di Dad, un pomeriggio di giochi virtuali, in quelle giovani menti, cosa può frullare? Ora passiamo agli impianti di risalita: nelle stazioni sciistiche l’impianto di arroccamento è spesso considerato trasporto pubblico, se poi consideriamo che gli impianti di smistamento sono seggiovie, all’aperto, come possiamo non tenerne conto.
Nei Decreti si parla espressamente di limitazioni nel trasporto, gli impianti di risalita lo sono, perché non si possono applicare le stesse regole, se non sono trasporto che cosa sono, la gente può essere ammassata sulla metropolitana di Milano o sui bus romani ma non può usufruire di funivie a trasporto assai limitato.
Arriviamo alle code in partenza, tralasciamo le biglietterie, ormai siamo abituati a fare tutto in internet, comprare quindi i biglietti che ci permetterebbero anche di viaggiare tra regioni è assai facile, è vero che le code potrebbero offrire dei potenziali rischi di ammassamento, ma sarebbe facile controllarle con del personale pubblico o privato, tutto questo è scritto nei Decreti, ma il Governo, contrariamente a quello che ha scritto, ha voluto penalizzare la montagna, e non solo i maestri di sci, ma tutto l’intero comparto.
Perché una funivia ai piedi del Monte Bianco o del Cervino è più pericolosa degli ammassamenti sui Navigli a Milano all’ora dell’aperitivo, o sul lungomare di Napoli, o in piazza di Spagna a Roma, o nel centro storico di Palermo.
Abbiamo bisogno di risposte, abbiamo bisogno che i maestri e tutto il comparto montagna possano ritornare a lavorare, con i ristori, i proclami, non si mangia, possiamo salvarci solo con il lavoro e dopo un anno di ristrettezze e doveri reclamiamo un diritto, il diritto a lavorare.