Il Ghetto di Roma e il rastrellamento del 16 ottobre del 1943 sono un emblema, nel suo "piccolo", di quella che è stata la Shoah in Italia: una caccia spietata che non risparmiò le donne e i bambini, gli anziani e i malati, gli adulti di ogni età e condizione, tutti strappati alle loro case e alle loro vite per odio infame.
Il ricordo di chi non fece ritorno e di chi tornò profondamente cambiato non si esaurisce ovviamente con il racconto di quanto accadde nel Ghetto di Roma, ma partire da quegli eventi consentirà al pubblico presente in sala di richiamare, come ha ricordato il Presidente Mattarella, una tragica lezione di storia alla conoscenza e alla riflessione affinché nel dialogo cresca la consapevolezza del bene comune.
La nostra epoca, del resto, appare dominata da un uomo che, come ha scritto il teologo tedesco Metz, non ha bisogno di ricordare perché non è minacciato da alcuna dimenticanza, ma non basta che un fatto sia accaduto perché diventi patrimonio acquisito, è necessario che la memoria cogliendolo, rileggendolo e reinterpretandolo lo sottragga all'oblio e al non senso.
Purtroppo, ricordare oggi appare ai più come l'incapacità di liberarsi dal proprio passato, come del resto evidenziano le tante "commemorazioni" sempre più deserte. Il 30 gennaio, invece, con la serata ded
La relatrice ha insegnato Storia moderna all’Università Sapienza di Roma ed è una delle massime esperte di storia degli ebrei e Shoah. Tra le sue ultime pubblicazioni, si ricordano Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento (Laterza, 2009), Portico d’Ottavia 13. Una casa del ghetto nel lungo inverno del ‘43 (Laterza, 2013), La famiglia F. (Laterza, 2018), Andare per i luoghi di confino (Il Mulino, 2018). Collabora con le più importanti testate giornalistiche.