Nella giornata di ieri, giovedì 5 settembre, si è svolta la prima riunione del nuovo Consiglio dei Ministri. Una delle prime decisioni assunte dal nuovo Governo, non voluto dai cittadini italiani, è stata quella di impugnare la legge della Regione a Statuto speciale Friuli Venezia Giulia n. 9 dell’8 luglio 2019 recante “Disposizioni multisettoriali per esigenze urgenti del territorio regionale”. Se il buongiorno si vede dal mattino, bloccare la legge regionale di una Regione a Statuto speciale come primo atto, dimostra sin da subito e in maniera molto chiara la linea dell’attuale Governo.
Un Governo che, da un lato, opera una discriminazione nei confronti dei cittadini italiani i cui interessi vengono dopo quelli degli immigrati. Dall’altro lato, nonostante le edulcorate enunciazioni dei 26 punti programmatici, il nuovo esecutivo non ha chiaramente alcuna intenzione di tutelare le Autonomie speciali già esistenti e, anzi, dichiara loro guerra sin da subito. Viste queste premesse, viene spontaneo chiedersi come questo Governo porterà avanti le legittime richieste di autonomia dei cittadini lombardi e veneti. Ma non solo. Come potranno i Parlamentari valdostani, alla luce della chiara direzione intrapresa, sostenere un Governo che andrà a ledere ulteriormente l’autonomia delle Regioni a Statuto speciale?
Un atteggiamento, quello del nuovo esecutivo, che non dovrebbe stupire dato che il Partito Democratico si è detto più volte favorevole all’accorpamento delle attuali Regioni italiane nonché a un maggior accentramento del potere. E non dovrebbe altrettanto stupire la posizione dell’Union Valdôtaine che, in passato, aveva appoggiato il sì al referendum costituzionale nonostante questo avesse come obiettivo quello di distruggere le autonomie speciale.
Se i primi atti di questo Governo non fanno ben sperare per la tutela delle autonomie speciali, ancora più inquietanti sono però le indiscrezioni di stampa che indicano la possibile partecipazione del Senatore Albert Lanièce alla compagine di un Governo inviso alla maggioranza dei cittadini e che si pone, con il suo primo atto, in netto contrasto con l’autonomia.