L’ondata di furti che sta martellando la bassa e la media Valle d’Aosta non è più vissuta come un episodio, ma come un fil rouge inquietante che attraversa frazioni e abitati, dal fondovalle alle porte della città. E oggi, al quarto piano di Palazzo regionale, l’aria si è fatta densa, un po’ nervosa: convocazione urgente, porte chiuse, visi tesi. Al Cosp, attorno allo stesso tavolo, presidente, questore, carabinieri, sindaci e Celva. Una fotografia che da sola racconta una situazione scivolata dal fastidio alla paura.
“Sicuramente quella dei cittadini è una preoccupazione legittima e noi ci stiamo dando da fare in questo senso”, ha dichiarato il questore Gian Maria Sertorio uscendo dalla riunione. Dopo settimane di case violate a orari improbabili, garage ripuliti con chirurgica calma e auto scassinate come fossero lattine di bibite, il lessico cambia, i toni pure.
Il questore parla di collaborazione e di rete, e suona come un pressing serrato tra istituzioni e territorio:
“Da questo incontro è emerso un coinvolgimento con i sindaci attraverso cui dovremo riuscire a fare rete, soprattutto da un punto di vista informativo, per riuscire a ottenere il maggior risultato possibile”.
Tradotto dal “politichese di sicurezza”: le informazioni contano più delle sirene, le segnalazioni di qualità più delle urla sui social.
Perché è inutile nasconderselo: la Valle d’Aosta di notte non è Manhattan, ma nemmeno il presepe immobile e tranquillo che ci piace raccontare ai nostri figli. Le luci si abbassano, i portoni restano chiusi, e gli allarmi sembrano “cantare” più spesso.
Il colonnello dei carabinieri Livio Propato mette sul tavolo ciò che la gente vuole sentirsi dire: “Aumenteremo le pattuglie sul territorio”.
Parole semplici, da cronaca spicciola, quelle che la gente si ripete al bar, sperando che servano a qualcosa.
Occhi puntati soprattutto sui primi cittadini, che non sono più solo spettatori. “È stata evidenziata la voglia chiara di collaborare in maniera attiva con le istituzioni”, precisa il presidente del Celva, Alex Micheletto, che lancia anche un messaggio poco velato: “Le istituzioni ci sono, ma è importante che i cittadini facciano la loro parte”.
Non basta chiudere a doppia mandata, sembra dire. Servono telefono alla mano, attenzione, memoria, descrizioni. Il Celva guarda già avanti: “Abbiamo pensato incontri con la cittadinanza” per insegnare come riconoscere, segnalare, non sottovalutare.
Il vertice odierno consegna un quadro pragmatico: più pattuglie, più scambio di informazioni, più coinvolgimento. Giusto, necessario, ma basterà? Le bande sembrano veloci, preparate, mobili. La popolazione è stanca e si sente esposta.
La sicurezza in Valle d’Aosta non è mai stata percepita come problema grave, e forse è proprio questo che rende la questione così destabilizzante: quando la cronaca entra nel vialetto di casa, non guarda in faccia a nessuno.
Adesso è il tempo dei fatti — perché la paura, quella sì, corre molto più veloce di qualsiasi pattuglia. Piero.













