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CRONACA | 07 dicembre 2025, 20:05

Convalidato l’arresto del presunto autore del furto ad Arnad e preso a picconate

Il giudice Paladino convalida l’arresto del 41enne albanese, pestato dai residenti dopo il furto; resta in carcere. Una storia di paura, rabbia e confini sempre più sottili tra giustizia e vendetta

Convalidato l’arresto del presunto autore del furto ad Arnad e preso a picconate

Ad Aosta, nelle stanze scarne del Tribunale, l’aria di dicembre non è ancora riuscita a farsi spazio del tutto ma si avverte quel freddo sottile che entra dalle porte ogni volta che qualcuno entra o esce. Stamattina, il giudice Davide Paladino ha convalidato l’arresto di Zef Lleshaj, 41 anni, albanese, accusato di aver messo a segno un furto in abitazione ad Arnad. Nessuna dichiarazione, nessun gesto di stizza o pentimento: l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere. Resterà in carcere, ha stabilito il giudice. O meglio: ci finirà davvero non appena verrà dimesso dall’ospedale, dove è ancora ricoverato con i segni addosso non solo del reato, ma di quello che è venuto dopo.

Perché questa non è soltanto una storia di un ladro e una casa visitata nel cuore della notte. È anche – forse soprattutto – la storia di una comunità che nell’oscurità, impaurita e stanca, ha perso il controllo. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, Lleshaj non era solo. Insieme a un complice (per ora, un fantasma che si è dileguato nel buio) avrebbe forzato una porta in località Sisan. Il resto, come capita spesso in questi casi, è precipitato. Rumori, messaggi, telefonate. Uomini e ragazzi in strada in pochi minuti. Alcuni con bastoni, altri con ferri trovati lì vicino, qualcuno con troppa adrenalina per cogliere la portata di ciò che stava per accadere.

Quando i militari del Nucleo radiomobile di Châtillon–Saint-Vincent sono arrivati, quella che era stata una semplice denuncia di furto assomigliava più al prologo di un linciaggio. Lleshaj aveva provato a scappare, raggiungendo il greto del torrente. Secondo la prima ricostruzione, sarebbe stato colpito anche con un piccone – sì, con un piccone – al bacino e al ventre. Ferite serie, trenta giorni di prognosi. Perché tra la difesa della proprietà e la vendetta sommaria il confine è meno solido di quel che ci piace raccontarci: basta un attimo di paura, un gruppo che si infiamma, la sensazione collettiva di “questa volta no”.

Addosso gli hanno trovato la refurtiva, più o meno 5 mila euro. Oggetti di poco valore affettivo, ma tantissimo valore concreto in un’epoca in cui tutto costa e nulla dura. Davanti al giudice – quel poco che ha raccontato – Lleshaj ha spiegato di aver fatto il cuoco in Albania e di essersi lasciato convincere a entrare in una serie di furti in Italia per mantenere la famiglia. Reclutato, ha detto. Una parola che ormai si usa per tutto: dalla guerra ai call center. Ma dietro c’è sempre la stessa cosa: bisogno, promessa, occasione. Le indagini dovranno dire se è vero, se c’è qualcuno che organizza, se quella notte ad Arnad è solo la punta di qualcosa più grande. Il suo presunto complice, per ora, è nome senza volto.

Ciò che invece è ben reale sono i tre cittadini che – sempre secondo gli accertamenti in corso – avrebbero preso parte all’aggressione. Perché la giustizia, quella vera, quella difficile, non tollera scorciatoie, nemmeno quando i sentimenti sono chiari, comprensibili, umanissimi: paura, rabbia, esasperazione. Tre emozioni che parlano una lingua più rapida della legge. Ma che non per forza la parlano meglio.

Processo per direttissima fissato al 19 dicembre. Natale, con le sue luci e le sue spese, sarà dietro l’angolo. Chissà se in un carcere, in un appartamento di Arnad, in un bar dove si commenta il fatto davanti a due caffè, qualcuno penserà che forse, quella notte, non c’è stato un solo reato. Che le vittime sono più di quelle annotate a verbale. E che quando la paura prende il sopravvento, smettiamo tutti per un attimo di essere soltanto buoni cittadini e rischiamo di diventare qualcos’altro. Qualcosa di meno controllabile. Qualcosa che, qualche volta, somiglia molto alla giustizia. Ma non lo è.

red.cro.

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