Joël Farcoz sorride davanti ai risultati: “C’è soddisfazione. Sul territorio avevamo respirato positività nei comizi… Non siamo l’antidestra, noi rappresentiamo un popolo, il popolo valdostano.” Tradotto: fatevene una ragione, le etichette nazionali qui non valgono. Ma se il sorriso è largo, la prudenza politica è ancora più larga: “È prematuro parlarne, qualsiasi decisione la prenderemo coinvolgendo la base.” Insomma, le trattative sono aperte, ma non si muove foglia senza consultare il popolo unionista.
E il centrodestra? Giovanni Girardini osserva la città divisa e scuote la testa: “Il partito più grosso non sono le due liste di sinistra. È quello che non è andato a votare. Supera Rocco e supera me. È triste.” Triste, sì, ma anche comodamente scusante: chi perde può sempre dare la colpa all’astensionismo.
Raffaele Rocco, invece, gioca a fare il pragmatista rassicurante: “Andiamo verso il ballottaggio… più che convincere gli altri, bisogna convincere chi non ha votato.” Tradotto: la vera sfida non sono i rivali, ma l’elettore che preferisce Netflix alla cabina elettorale. E sull’alleanza con le due liste di sinistra? “Tutti i ragionamenti sono aperti… ma sulla fiducia, no. Siamo portatori di ideali diversi.” In altre parole, dialogo sì, poltrone a tutti no.
Le donne, finalmente, fanno sentire la loro voce: Josette Borre festeggia le preferenze ottenute e non nasconde il piacere di vedere il numero delle elette crescere: “E’ una legge che sostiene le donne, le supporta, non che le aiuta.” Ironico, se si pensa ai decenni in cui la politica valdostana era un club esclusivamente maschile. Speranza Girod, seconda solo a Testolin, diventa simbolo di questa ventata di novità.
Sul fronte numerico, però, tutto resta sospeso: voti contestati, ballottaggi, manciate di schede che possono ribaltare l’assegnazione di un consigliere. La politica valdostana si conferma così una partita di scacchi, dove ogni pedone conta e ogni mossa può cambiare lo scenario. E mentre Farcoz predica “Ni droite ni gauche” e Testolin annuncia la disponibilità al dialogo, la città di Aosta osserva divisa, con un misto di entusiasmo e scetticismo: da una parte la continuità, dall’altra un po’ di cambiamento, in mezzo un enorme partito che non va a votare.
In conclusione, la Valle d’Aosta si conferma un teatro di contrasti, sogni di poltrone e promesse da decifrare. L’Union Valdôtaine recita da protagonista, Rocco e Girardini preparano il gran finale del ballottaggio, e noi spettatori? Noi stiamo lì, pronti a ridere, a scuotere la testa e a ricordare che la politica qui è più spettacolo che dramma, almeno fino all’ultimo voto.