La Valle d’Aosta rimane la regione con la percentuale più bassa (2,15%), il dato emerge dal Rapporto “Il consumo di suolo in Italia 2023”, pubblicato dall’Ispra con cadenza annuale dal 2013, per la sua decima edizione diventa un prodotto SNPA. Il rapporto invita però a considerare sia la diversa morfologia regionale sia la storica e peculiare evoluzione del territorio nell’interpretare la rilevanza dei valori riscontrati. Il confronto tra ripartizioni geografiche conferma i valori più alti di suolo consumato per le due ripartizioni del Nord, peraltro le uniche sopra il valore percentuale nazionale.
Infatti, i valori percentuali più elevati rimangono quelli della Lombardia (12,16%), del Veneto (11,88%) e della Campania (10,52%). Alle prime tre, seguono Emilia-Romagna, Puglia, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Liguria, con valori sopra la media nazionale e compresi tra il 7 e il 9%. La Valle d’Aosta rimane la regione con la percentuale più bassa (2,15%).
Più in generale in un anno consumati altri 77 km2, il 10% in più del 2021. Città troppo calde e impermeabili, sempre meno aree agricole e servizi eco sistemici. Aree a pericolosità idraulica media: nel 2022 ricoperti più di 900 ettari di suolo.
Non solo cambiamenti climatici: a rendere il suolo cittadino ancora più caldo, soprattutto nei periodi estivi, contribuisce in gran parte anche il consumo di suolo che, nel 2022, accelera arrivando alla velocità di 2,4 metri quadrati al secondo e avanzando, in soli dodici mesi, di altri 77 km2, oltre il 10% in più rispetto al 2021.
Le città diventano sempre più calde: nei principali centri urbani italiani, la temperatura cresce all’aumentare della densità delle coperture artificiali, raggiungendo nei giorni più caldi valori compresi tra 43 e 46 °C nelle aree più sature e seguendo andamenti diversi a seconda delle caratteristiche del territorio circostante.
In media, la differenza di temperatura del suolo nelle aree urbane di pianura rispetto al resto del territorio è di 4°C d’estate con massime di 6°C a Firenze e di oltre 8°C a Milano.
Ma il consumo di suolo incide anche sull’esposizione della popolazione al rischio idrogeologico, oltre 900 - in un solo anno - gli ettari di territorio nazionale reso impermeabile nelle aree a pericolosità idraulica media, e provoca la costante diminuzione della disponibilità di aree agricole eliminando in 12 mesi altri 4.800 ettari, il 68% del consumo di suolo nazionale.
Questi i costi nascosti ad oggi dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici ricalcolati in base ai nuovi dati: 9 miliardi di euro ogni anno a causa della perdita di suolo rilevata tra il 2006 e il 2022.
Ad accompagnare il rapporto anche il primo Atlante del consumo di suolo che riunisce le nuove mappe dettagliate del fenomeno a livello nazionale e locale. Il consumo di suolo continua a trasformare il territorio nazionale. Al 2022 la copertura artificiale si estende per oltre 21.500 km2, il 7,14% del suolo italiano (7,25% al netto di fiumi e laghi).
I cambiamenti dell’ultimo anno si concentrano in alcune aree del Paese: nella pianura Padana, nella parte lombarda e veneta e lungo la direttrice della via Emilia, tutta la costa adriatica, in particolare in alcuni tratti del litorale romagnolo, marchigiano e pugliese.
La perdita di suolo e di tutti i servizi ecosistemici che fornisce, compresa la capacità di assorbire l’acqua, non conosce battute d’arresto, dove l'11% di territorio è ormai impermeabilizzato, un valore sensibilmente superiore alla media nazionale.
Il 13% del consumo di suolo totale (circa 900 ettari) ricade nelle aree a pericolosità idraulica media, dove ormai l’11% di territorio è ormai impermeabilizzato (con un aumento medio percentuale a livello nazionale dello 0,33%).