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AMBIENTE | 30 dicembre 2022, 10:57

Concessioni idroelettriche, perché sono un’opportunità di rilancio per l’Italia

Argirò (Ad CVA) 'È necessario ripensare l’attuale quadro normativo ridisegnando una disciplina nazionale che sia in grado di posizionare il settore idroelettrico nella giusta dimensione strategica a supporto del raggiungimento degli obiettivi del Green deal'

Concessioni idroelettriche, perché sono un’opportunità di rilancio per l’Italia

L' Unione Europea punta alla riduzione delle emissioni di gas serra attraverso una serie di normative adottate per favorire la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Il pacchetto di misure Fit for 55 stabilisce l’impegno della Commissione europea di ridurre del 55% le emissioni di CO2 al 2030 rispetto al 1990 e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Si tratta di obiettivi vincolanti per l’UE e i suoi Stati membri.

Questo significa che gli Stati membri dell’UE devono adottare urgentemente una serie di misure concrete per ridurre le emissioni e decarbonizzare l’economia. Ecco perché per realizzare la transizione verde sono necessarie nuove norme e aggiornamenti nel settore energetico, tenendo presente che la produzione e l’uso dell’energia rappresentano il 75% delle emissioni di gas serra.

Per questo motivo, il Consiglio europeo ha fissato un obiettivo vincolante a livello comunitario del 40% di energia da fonti rinnovabili nel mix energetico complessivo entro il 2030 che sostituisce l’attuale obiettivo pari ad almeno il 32%. La conseguenza è che gli Stati membri dovranno aumentare i contributi nazionali stabiliti nei loro piani nazionali integrati per l’energia e il clima, da aggiornare nel 2023 e nel 2024 per raggiungere il nuovo obiettivo.

Se questo è il traguardo fissato dall’UE è importante capire oggi a che punto siamo. La situazione non è rosea: ai ritmi attuali, l’Unione Europea e l’Italia rischiano di raggiungere i target prefissati al 2030 sulle emissioni di gas a effetto serra con un ritardo medio rispettivamente di 19 e 29 anni.

Idroelettrico, la prima fonte rinnovabile in Italia

Guardando più da vicino il panorama delle FER nel nostro Paese, è l’idroelettrico la prima fonte rinnovabile per la generazione elettrica, raggiungendo quota 40,7%, mentre il fotovoltaico si ferma al 21,3% e l’energia eolica al 16,0% in base ai dati forniti dallo studio pubblicato da The European House – Ambrosetti.

Secondo gli analisti, non ci sono dubbi che sia il settore idroelettrico a svolgere un ruolo fondamentale nell’attuale crisi energetica, contribuendo a garantire per primo la sicurezza, la resilienza e la sostenibilità del sistema energetico italiano.  Non solo: la ricerca evidenzia che il primato dell’idroelettrico rappresenta una risorsa strategica anche nella politica energetica che il nostro Paese deve attuare per raggiungere gli obiettivi europei fissati entro il termine stringente del 2030 e poi quelli di lungo periodo previsti per il 2050. Risulta quindi necessario non solo preservare, ma soprattutto incrementare la produzione di energia rinnovabile prodotta dall’idroelettrico.

In che modo? Lo studio fornisce una serie di soluzioni, tra le quali la necessità di far ripartire gli investimenti per la manutenzione e l’ammodernamento delle centrali idroelettriche in Italia al fine di accelerare la transizione energetica, studiare i limiti dell’attuale assetto normativo e legislativo europeo e italiano e proporre un nuovo modello di assegnazione delle concessioni idroelettriche.

Quali sono le criticità e le soluzioni per il settore idroelettrico

Infatti, nonostante il ruolo strategico dell’idroelettrico in Italia sul fronte sostenibilità, la situazione del settore appare critica: prima di tutto, oltre il 70% degli impianti idroelettrici in Italia ha più di 40 anni e poi l’86% delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche è già scaduto o scadrà entro il 2029.

Lo studio lancia l’allarme ed evidenzia l’urgenza prioritaria di affrontare le criticità dell’attuale quadro normativo italiano e sbloccare gli investimenti. Infatti, le nuove tecnologie e le innovative soluzioni di digitalizzazione possono garantire agli impianti una maggiore efficienza, flessibilità e sostenibilità. Risulta quindi vantaggioso attuare il retrofitting (ammodernamento) degli impianti esistenti, che garantisce l’ottimizzazione della risorsa idrica.

Il problema principale riguarda la nostra disomogeneità normativa rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea. Una situazione in parte dovuta al fatto che l’Italia è tra i pochissimi Stati membri ad aver adeguato la propria normativa nel settore idroelettrico a quanto stabilito dalla UE, prevedendo il ricorso a meccanismi di gara per l’assegnazione e il rinnovo di concessioni idroelettriche, con standard particolarmente limitanti. Ecco perché l’Italia registra una durata massima delle concessioni idroelettriche tra le più basse d’Europa, con un minimo di 20 e un massimo di 40 anni: pochissimi rispetto ai 75 anni previsti in Francia, Portogallo e Spagna.

Alle criticità di questa normativa nazionale, si aggiunge la disomogeneità delle discipline regionali e delle regole relative alle modalità di trasferimento e valorizzazione dei beni a fine concessione.

Le conseguenze positive dello sblocco delle concessioni

Cosa fare per risolvere questa situazione così complicata che ostacola il pieno sviluppo della più importante fonte di energia rinnovabile del nostro paese? Tra le soluzioni suggerite dal rapporto, c’è un rinnovo decennale delle concessioni vigenti che spingerebbe 9 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi rispetto all’attuale scenario attuale, limitato oggi a 0,7 miliardi di euro. Questi investimenti addizionali potrebbero generare un circolo virtuoso capace di produrre ulteriori 26,5 miliardi di euro sul territorio attraverso effetti indiretti e indotti.

Gli effetti di questi investimenti porterebbero nel giro di poco tempo a un efficientamento e a un aumento della produzione di energia idroelettrica, con un incremento stimato tra il 5% e il 10% rispetto allo scenario attuale (rispettivamente +2.475 e +4.950 GWh), ovvero il fabbisogno elettrico di circa 1 milione di famiglie.

A spiegare l’importanza di un intervento immediato nel settore è anche l’amministratore delegato del Gruppo CVA, Giuseppe Argirò (nella foto): “È necessario ripensare l’attuale quadro normativo ridisegnando una disciplina nazionale che sia in grado di posizionare il settore idroelettrico nella giusta dimensione strategica a supporto del raggiungimento degli obiettivi del Green deal oltreché in termini d’indipendenza energetica. È fondamentale pertanto consentire fin da subito agli operatori, attraverso meccanismi d’estensione delle durate o riassegnazione delle concessioni, di proporre piani d’investimento straordinari stimati in oltre dieci miliardi di euro, funzionali al recupero d’efficienza e producibilità delle centrali idroelettriche esistenti, con ricadute positive sui territori in termini ambientali, economici ed occupazionali”. (fonte CVA Energie Mag)

red

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