/ CRONACA

CRONACA | 15 settembre 2022, 18:20

I comuni della Valle d'Aosta rimandati senza appello su trasparenza ‘filiera” confisca beni mafiosi

Su sei comuni destinatari di beni confiscati nessuno pubblica l’elenco e le informazioni sul loro sito internet

I comuni della Valle d'Aosta rimandati senza appello su trasparenza ‘filiera” confisca beni mafiosi

Libera presenta “RimanDATI” il secondo Report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali in collaborazione con il Gruppo Abele e il  Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino.

Con l'inizio dell'anno scolastico primi esami anche per i comuni italiani. La materia interrogata riguarda il livello livello di  trasparenza della ‘filiera” della confisca dei beni mafiosi. E i risultati degli esami non sono incoraggianti.  I comuni italiani  “rimandati” sul livello di  trasparenza: su 1073 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati 681 non pubblicano l’elenco sul loro sito internet. Ciò significa che ben sei comuni su dieci sono inadempienti pari al 63,5 % ( erano 62% nel primo report). Il primato negativo in termini assoluti spetta ai comuni del Sud Italia compreso le isole con ben 400 comuni che non pubblicano elenco, segue il Nord Italia con 215 comuni e il Centro con 66 comuni che non pubblicano dati. Peggio i risultati per i comuni della Valle d'Aosta dove su sei comuni destinatari di beni confiscati nessuno pubblica l'elenco e le informazioni sulla destinazione d'uso, sulla tipologia, sulla consistenza del bene confiscato.( i comuni sono Challand Saint Victor; Aosta; Valtournenche; Charvensod; Courmayeur; Quart)

Libera presenta “RimanDATI” il secondo Report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali, promosso in collaborazione con il  Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino

Il Report di Libera (monitoraggio ha avuto inizio nel mese di aprile 2022 e si è chiuso a luglio 2022) rappresenta uno spaccato importante -unico nel suo genere- sulla capacità degli Enti territoriali di rendere pienamente conoscibili e accessibili le informazioni sull'enorme patrimonio immobiliare sottratto alle mafie e destinato a tornare alla collettività attraverso comuni ma anche, sebbene in via sussidiaria, le province, città metropolitane e le regioni. Un report che vuole accendere una luce sulla carente trasparenza e mancata pubblicazione dei dati  dei comuni italiani in merito ai dati sui beni confiscati che insistono nei loro territori  perché sono proprio i comuni ad avere la più diffusa responsabilità di promuovere il riutilizzo dei patrimoni. Eppure, proprio a livello comunale le potenzialità della ‘filiera della confisca’ sono tuttora dense di ostacoli, criticità ed esitazioni.

La base di partenza del lavoro di monitoraggio -spiega Libera- coincide con il totale dei comuni italiani al cui patrimonio indisponibile sono stati “destinati” i beni immobili confiscati alle mafie per finalità istituzionali o per scopi sociali. Su 1.073 comuni monitorati ben  681 comuni italiani destinatari di beni immobili confiscati non pubblicano l’elenco sul loro sito internet, così come previsto dalla legge, pari al 63,5% del totale. Il primato negativo in termini assoluti spetta ai comuni del Sud Italia compreso le isole con  ben 400 comuni che non pubblicano elenco, segue il Nord Italia con 215 comuni e il Centro con 66 comuni che non pubblicano dati. A livello regionale tra le più “virtuose” coloro che raggiungono o superano il 50% dei comuni che pubblicano elenco registriamo la Campania con il 56% dei comuni che pubblicano elenco, Emilia Romagna con 55%, Marche e Umbria  con il 50% dei comuni e Lazio che con il 48,5% si avvicina di molto. Tra le regioni meno trasparenti segnaliamo la Calabria dove solo il 18,8% dei comuni pubblicano elenco, segue Abruzzo e Friuli Venezia Giulia (25%), Sicilia (29,9%) e Toscana (29,6%).

Rimandati senza appello Basilicata, Molise, Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta, regioni dove i comuni destinatari di beni immobili non pubblicano nessuna informazione sull'ubicazione, destinazione e tipologia.

“Garantire che la filiera del dato sui beni confiscati sia trasparente -dichiara Tatiana Giannone, referente nazionale Beni Confiscati di Libera- vuol dire dare spazio al protagonismo della comunità e della società civile organizzata, che solo conoscendo può progettare e programmare nuovi spazi comuni. Alla conoscenza del patrimonio e del territorio, del resto, è strettamente legata la capacità di utilizzare i fondi pubblici (siano essi di natura europea o di provenienza nazionale) per la valorizzazione dei beni confiscati, nella fase di ristrutturazione e in quella di gestione dell’esperienza di riutilizzo. In questi quarant’anni dalla Legge Rognoni - La Torre e ventisei anni di attività della Legge num. 109, a fronte di importanti risultati raggiunti in termini di aggressione ai patrimoni delle mafie, della criminalità economica e della corruzione e a fronte delle sempre più numerose esperienze positive di riutilizzo sociale, non si deve abbassare l'attenzione sulle criticità ancora da superare e sui nodi legislativi ancora da sciogliere che richiedono uno scatto in più da parte di tutti. Il bando del PNRR e la nuova programmazione europea delle politiche di coesione saranno, quindi, un banco di prova importante per le istituzioni tutte, ma soprattutto per il potere di monitoraggio della società civile. Siamo consapevoli -conclude Tatiana Giannone di Libera- della complessità della materia e le difficoltà che gli Enti Locali sono costretti ad affrontare quotidianamente, sia in termini di carichi di lavoro che di risorse umane e di competenze a disposizione. Ma siamo convinti che, insieme, si possano e si debbano trovare le soluzioni utili a garantire la trasparenza. Con lo stesso spirito di costruzione e cooperazione, avanziamo alcune proposte politiche  a partire dall’impegno dell’Agenzia nazionale nel supportare le amministrazioni comunali, riteniamo che si possa raggiungere una qualità del dato più alta usando dei modelli di elenco uguali per tutti; in questo modo la trasparenza diventerà veramente una pratica condivisa e partecipativa. Chiediamo che si possano progettare e realizzare dei percorsi di accompagnamento e formazione dei Comuni, soprattutto quelli più piccoli, per rendere i beni confiscati presidi di sviluppo sociale ed emancipazione per la comunità.“

La ricerca analizza nello specifico le modalità di pubblicazione degli elenchi anche su scala regionale. Sui 392 comuni che hanno pubblicato elenco abbiamo costruito un ranking mediato nazionale: su una scala da 0 a 100 la media  è pari a 55,5 punti. La fotografia regionale ci restituisce un  quadro generale di criticità.  Sono 10 le regioni che sono al di sotto della media regionale e “rimandati” sulla modalità di pubblicazioni: Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Sardegna, Umbria, Trentino Alto Adige, Molise,Valle d'Aosta, Basilicata. Quest'ultime 4 regione più che rimandate sono bocciate avendo un media pari a 0.

red.

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore