Le retribuzioni in Italia sono tra le più basse in Europa ma il SAVT richiama l’attenzione sul fatto che “la sola introduzione del salario minimo non sarebbe sufficiente per ridurre questa preoccupante differenza con i salari delle altre nazioni”.
Secondo il Savt si potrebbe correre il rischio di “penalizzare tutti quei lavoratori per i quali i contratti collettivi prevedono già oggi retribuzioni che vanno oltre l'eventuale salario minimo, con la conseguenza che le associazioni datoriali nelle future contrattazioni possano utilizzarlo come alibi per non voler incrementare i minimi tabellari”.
Per questo il Savt ribadisce l’esigenza della revisione del taglio del Cuneo-Fiscale, vale a dire la differenza tra il costo complessivo lordo sostenuto dalle aziende ed il netto della retribuzioni che percepiscono in busta paga i lavoratori, l'Italia in merito a questa tematica, si attesta su livelli medio - alti rispetto agli altri paesi europei.
Per il SAVT “la via maestra che deve essere percorsa è quella di dare nuova dignità alla contrattazione collettiva. In questo senso è fondamentale che venga approvata una norma che disciplini il settore e vada a fare chiarezza sulla rappresentatività e, di conseguenza, su quali contratti possano essere applicati. Non è più immaginabile che in Italia esistano circa 1000 contratti collettivi, molti dei quali sottoscritti da sindacati di comodo che vanno più a favore delle aziende che dei lavoratori”.
Infine, considerato che la contrattazione collettiva nazionale ha dimostrato “di non riuscire a dare tutte le risposte necessarie per garantire la giusta dignità ai lavoratori”, il Savt ribadisce l’importanza di “valorizzare la contrattazione territoriale, sia essa di primo o di secondo livello”.