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CRONACA | 17 dicembre 2021, 11:00

AIGUILLE DU DÔME, un itinerario riscoperto dopo 23 anni circa

a cura di Lodovico Marchisio

L’Aiguille du Dome in tutta la sua sfolgorante bellezza

L’Aiguille du Dome in tutta la sua sfolgorante bellezza

Altezza Massima raggiungibile: 3017 m

Tempo di salita: 7,30 h

Tempo Totale (AR): 12 h

Compagni di cordata del CAI Pianezza: Edoardo Pianca e Giovanni Merlin
Dislivello: 1303 m così suddivisi: 703 m dislivello dal punto di partenza alla vetta. A Questi vanno aggiunti 200 m di discesa e 200 m risalita (tot. 400 m circa) per raggiungere il Col du Front (2918 m) dal “Passage de Picheru” a quota 2754 m e ritorno; più altri 200 m AR per scendere e risalire all’intaglio dell’Aiguille du Dôme dalla cima del Petit Dôme dalla quale vetta è obbligatorio transitare anche al rientro per far ritorno alla base.

Difficoltà: D+ (passaggi isolati). La restante salita è di Media Difficoltà ma con passaggi logistici di difficile individuazione.

Materiale occorrente: corda, chiodi, moschettoni, alcuni nut, casco e imbragatura

Accesso in auto: Dalla Valle d’Aosta l’accesso più rapido avviene attraverso il Colle del Piccolo San Bernardo (2.188 m), SS 26 (il passo è transitabile da inizio giugno a metà novembre) o attraverso il traforo del Monte Bianco (sempre aperto). Dal colle la strada discende a Bourg-Saint-Maurice e conduce direttamente nella Val d'Isère. Le Saut (punto di partenza per l’ascensione) si raggiunge nella stagione più adatta all’impresa (periodo estivo) anche attraverso la Val di Susa salendo prima al Colle del Moncenisio e successivamente a quello dell’Iseran, scendendo in Val d’Isère e superato l’abitato omonimo, prendere poi a destra la piccola strada asfaltata che conduce sino alla prima piccola diga (barrage) oltre la quale la strada è chiusa al traffico. Parcheggio nei pressi di “Le Saut”.

Un ambiente severissimo

Località di partenza: Le Saut” (2300 m circa) sopra la Val d’Isère

Località di arrivo: Il medesimo

Descrizione Itinerario: Invitiamo i lettori ad immergersi in questa vera e propria avventura per riscoprire una guglia oltre i 3000 metri di cui da 23 anni non si hanno notizie di salite. Le Guide Francesi della Val d’Isère e le Guide Alpine Italiane contattate dicono di non aver mai condotto clienti su questa cima sconosciuta, le guide cartacee francesi, che non hanno come noi collane per tutte le loro zone alpine, ma solo libri di mete scelte, non ne parlano proprio. Solo due nostre vecchie guide cartacee descrivono sommariamente quest’ambiziosa cima: La Collana della Guida dei Monti d’Italia edita dal CAI e TOURING associati, nel volume delle Alpi Graie Centrali del 1985, curato da Alessandro Giorgetta ne dà una sommaria descrizione a pag. 110, purtroppo non più rispondente alla realtà attuale. Il compianto Silvio Saglio nella Collana “Da Rifugio a Rifugio” edito dal TCI e CAI, sempre unificati in queste guide, nel lontano 1952 a pag. 709 attribuisce il nome di Dôme de La Val d’Isère (invece dell’attuale toponimo “Petit Dôme”) all’Aiguille du Dôme, non comprendendo allora che sono due cime ben distinte fra loro, anche se già allora aveva individuato il passaggio più logico dal colletto chiamato “Passage du Dôme” (o Sous Picheru) con partenza da “Le Saut” (2300 m circa) sopra la Val d’Isère, invece che da Le Fornet (1900 m circa), come la successiva guida del 1985 consigliava.

Dare una descrizione solo tecnica di una simile impresa questa volta ci pare riduttivo, anche se dell’itinerario di salita è giusto dare un resoconto della complicata ascensione per coloro che volessero cimentarsi su di essa e coprire il “buco nero” in questione con la descrizione di questa via dimenticata da noi percorsa e far rivivere ai lettori l’epica era dei pionieri dell’alpinismo. Da qui senza salire al bellissimo lago de “La Sassière” prendere un sentiero sulla sinistra idrografica che sale oltre il lago fino ad una deviazione.

Sembra attaccata e invece un pauroso abisso ci divide

Salire a destra verso il colletto del “Sous Picheru” (o Passage de Picheru) a quota 2754 m. (2 h dalla partenza). Da qui l’Aiguille du Dôme sembra davvero il “Cerro Torre” Patagonico, anche se i francesi usano questo toponimo per la più conosciuta Aiguille Dibona, situata nel massiccio des Écrins, motivo per cui non si capisce questo totale abbandono per una montagna così bella, particolare, imponente ed importante. Raggiunto il Colletto, si scende sul lato opposto fiancheggiando in maniera molto disagevole la lunga pietraia sino alla base del canalone che sale ripido e faticosissimo sino al Col du Front (2918 m).(2 h dal Passage de Picheru, 4 h dal parcheggio). In alcuni punti il canale senza tracce è talmente ripido che si creano delle vere e proprie slavine di terriccio che sotterrano i nostri scarponi. Dal Colle un’esile traccia vecchissima conduce sulla cresta che s’impenna a metà obbligandoci a legarci in cordata per superare un piccolo rigonfiamento strapiombante e obbligato valutato di IV grado.

In seguito la cresta si fa divertente e addirittura non è staccata come appariva, da un salto roccioso che si pensava potesse crearci problemi. Da qui senza ulteriori intoppi si arriva in vetta al Petit Dôme (3012 m) confuso o ignorato anche dalla cartografia attuale, mentre è una vetta ben distinta in quanto dal lato opposto un profondissimo intaglio, scoraggia per un momento noi tre scalatori. (30 min. dal Col du Front, 4,30 h dalla partenza). Poi s’inizia ad esplorare il profondo intaglio scendendo assicurati (passi di II grado su roccia marcia e terriccio) per più di 100 metri. Senza toccare il fondo del canale, con istintiva intuizione, ci portiamo su un ponte naturale di rocce sotto la parete finale dell’Aiguille du Dôme.

In vetta all’Aiguille du Dome

Per scalare gli ostici 30 metri che ci separano da un terreno più abbordabile, ma non visibile dal basso, ed evitare le scarpette per dare un taglio alpinistico “vecchia maniera” a questa singolare impresa, usiamo i nostri chiodi e la pratica acquisita negli anni. Ci troviamo così a superare un passaggio di V grado ove troviamo l’unico chiodo del 1920 (conio impresso) incontrato in tutta la giornata. Sopra di esso tutto è più facile e su un terreno sempre franoso, esile e delicato, arriviamo sotto la cuspide finale.

Da qui saliamo direttamente la parete di 30 metri che ci divide dalla cima con qualche passaggio di IV grado e un caratteristico passaggio sopra una profonda fenditura, mentre la discesa la si compie più facilmente aggirando i salti sulla destra (verso di salita) in prossimità del vuoto più assoluto del monolito.

La vetta è stata da noi raggiunta in 7,30 h dalla partenza e in 3 h dal Col du Front, dove sono stati lasciati gli zaini. Costruiamo sul momento un grande ometto per suggellare l’impresa compiuta, come se mai piede umano avesse varcato prima questa misteriosa quanto affascinante cima, invece violata dal prestigioso W.A.B. Coolidge con altre guide il 10 agosto del 1891. La calata è tutta un poema. Non esistendo chiodi in vetta abbiamo lasciato due cordini, due fettucce, due chiodi, un moschettone a ghiera viola e un moschettone normale nei punti di calata e nei passaggi chiave.

Con una corda doppia di 50 metri facciamo poi ritorno all’intaglio, risaliamo l’erto e franoso canale che ci riporta in vetta al Petit Dôme, ritornando per la stessa via della salita all’auto. Dalla vetta abbiamo impiegato altre 4,30 h, che sommate a quelle della salita portano l’impresa ad un totale di 12 ore ininterrotte di percorso. Mi auguro davvero che questa salita abbia il riscontro che merita negli ambienti preposti, perché tutto fa notizia meno ciò che davvero meriterebbe di farla.

ascova

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