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FEDE E RELIGIONI | 12 maggio 2021, 09:00

Una Madre che porta speranza in tempi difficili

Una Madre che porta speranza in tempi difficili

Il 6 marzo scorso si concludeva il restauro della Madonna delle Partorienti, dopo una lunga sospensione dovuta all’emergenza sanitaria da coronavirus. Si tratta di un affresco — o meglio un “frammento di affresco” (81 x 77 centimetri) — di straordinaria importanza per fede e arte, collocato da oltre quattro secoli nelle Grotte vaticane dietro l’altare della cappella detta appunto “delle Partorienti”.

Una Madonna “piena di grazia” che sostiene teneramente il Bambino Gesù, accostandolo a sé. Il divin Figliuolo è ritratto in piedi con il braccio destro disteso nel pietoso gesto della benedizione e l’altro, similmente proteso, con il palmo della mano aperto verso l’esterno. I due volti, dipinti con sapienza e perizia, hanno una straordinaria forza espressiva che fa convergere su di loro l’attenzione e l’ammirazione dell’osservatore. L’amorevole sguardo della Madre celeste, serenamente diretto verso i fedeli, invita alla preghiera in un raccolto e silenzioso dialogo; quello del Figlio sembra invece estendersi all’intera umanità in un simbolico abbraccio. Le ali di due cherubini a sinistra del dipinto è quanto sopravvive di una mandorla formata da un variopinto volo di angeli che delimitava la figura della Madonna col Bambino messa in risalto da un fondo dorato in origine attraversato da raggi luminescenti.

Questa mirabile Madonna col Bambino venne affrescata — secondo l’autorevole e argomentato giudizio di Anna Cavallaro — nell’ultimo decennio del xv secolo, dal pittore Antonio Aquili detto Antoniazzo Romano (1435-1508), un artista ormai all’apice di una brillante carriera, richiestissimo dal pubblico romano e a capo di una florida bottega molto attiva a Roma e nel Lazio. L’affresco si trovava dietro un altare della Cappella Orsini presso il transetto meridionale della vecchia basilica. Un oratorio antichissimo, realizzato dal Papa Paolo i (757-767) che vi aveva fatto collocare — come ricorda il Liber Pontificalis — un’icona “in argento dorato” della santa Madre di Dio (Theotókos), raffigurata ”in piedi”, verosimilmente senza Bambino a simboleggiare l’incarnazione del Verbo, forse con il grembo arrotondato di una donna in attesa. L’oratorio veniva detto per questo “di Santa Maria Praegnantis”, ovvero della Vergine in attesa della maternità.

Con ogni probabilità il dipinto di Antoniazzo Romano attrasse su di sé la devozione già diretta in passato alla perduta icona dell’ viii secolo. Così le donne, e soprattutto le donne incinte, cominciarono a rivolgere le loro preghiere a questa più recente immagine mariana, invocandola come Madonna “del Parto” o “delle Partorienti” (“de Praegnantibus”).

Attente ricerche d’archivio hanno consentito di ricostruire le tormentate vicende e gli spostamenti della venerata Madonna delle Partorienti: dall’antica basilica alle Grotte vaticane. Intorno alla metà del Cinquecento, con il progredire dei lavori per la costruzione del nuovo San Pietro, l’affresco venne staccato dal muro e fu forse collocato nel transetto settentrionale sopra l’altare di Santa Maria presso il Battistero. Nel 1574 fu trasferito su un altare appositamente realizzato a ridosso del cosiddetto “muro divisorio”, che divideva il nuovo tempio vaticano ancora in costruzione dalla vecchia basilica che continuava ad essere officiata dal clero. Nel 1605, sconsacrato l’altare per il completamento della nuova basilica, il dipinto murale fu momentaneamente portato “in una stanza della Fabbrica” per essere poi collocato, nel 1612, nelle Grotte vaticane. Quattro anni dopo, nel 1616, l’affresco trovò finalmente la sua definitiva sistemazione in una cappella appositamente realizzata per ospitarlo.

Il dipinto subì una serie di interventi manutentivi tra xvii e xix secolo per porre rimedio al degrado dovuto principalmente alle avverse condizioni microclimatiche delle Grotte (oggi migliorate). Dopo un restauro del 1950, nel 1981 il lacerto pittorico fu ridotto di spessore (assottigliando drasticamente la porzione d’intonaco retrostante) per essere collocato su un nuovo supporto inerte di “cadorite”. Ma ciò nonostante, a motivo del precario stato di conservazione dell’opera, la Fabbrica di San Pietro a novembre 2019 ha intrapreso un nuovo e necessario restauro, eseguito con mano esperta da Giorgio Capriotti e Lorenza D’Alessandro sotto la direzione tecnico-scientifica della medesima Fabbrica. Dopo aver corretto i dissesti di alcune porzioni di intonaco dipinto e dopo un’attenta opera di pulitura e reintegrazione a tratteggio delle lacune, è oggi possibile ammirare la Madonna delle Partorienti nella sua ritrovata integrità.

Uno studio basato su un attento esame del lacerto pittorico, dove è ancora visibile parte della mandorla con figure di angeli, e sul confronto con l’angelica mandorla che racchiudeva la figura antoniazzesca dell’Eterno Padre nella chiesa di San Pietro in Montorio, ha permesso di elaborare un’attendibile proposta ricostruttiva dell’originario affresco della Madonna delle Partorienti, che per l’importanza di tale angelica cornice veniva anche detta “Madonna degli Angeli”.

Prima di restituire alla devozione dei fedeli la venerata Madonna delle Partorienti nella cappella a Lei dedicata delle Grotte vaticane, l’affresco sarà esposto in una suggestiva mostra a Torino (Palazzo Madama, Corte Medievale, 14 maggio - 20 luglio).

Il cardinale Mauro Gambetti, arciprete della papale basilica Vaticana e presidente della Fabbrica di San Pietro, nella prefazione del catalogo della mostra ( sagep Editori) così ha evidenziato l’importanza e il significato di tale iniziativa: «Per la prima volta la Madonna delle Partorienti, venerata da oltre cinque secoli nella Basilica di San Pietro, lascia il Vaticano per essere presentata a Torino in una mostra che ne racconta la secolare storia e il restauro. Vi giunge — non per caso — nel mese mariano, per portare conforto in questo tempo di pandemia e speranza per giorni meno difficili e più sereni».

di Pietro Zander

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