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In Breve

| 21 marzo 2021, 18:33

DL Sostegni, 5.500 euro ai locali che ne hanno persi 165mila. Fipe-Confcommercio: “una fragile stampella”

Con il decreto Sostegni il ristorante tipo che nel 2019 fatturava 550mila euro e che nel 2020, a causa degli oltre 160 giorni di chiusura imposti dalle misure di contenimento della pandemia da Covid, ha perso il 30% del proprio fatturato, 165mila euro, beneficerà di un contributo una tantum di 5.500 euro

DL Sostegni, 5.500 euro ai locali che ne hanno persi 165mila. Fipe-Confcommercio: “una fragile stampella”

Poco cambia per un bar tipo. Chi nel 2019 fatturava 150mila euro e ne ha persi 25mila a causa delle restrizioni, avrà diritto a un bonus di 1.875 euro, il 4,7% della perdita media annuale. Sono queste le simulazioni prodotte dall’Ufficio Studi di Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei
Pubblici esercizi, all’indomani dell’approvazione del Dl Sostegni. 

“Il decreto Sostegni era certamente necessario, ma è evidente quanto non possa essere considerato sufficiente. Da settimane si parlava di aiuti perequativi, selettivi, adeguati e tempestivi e questi aggettivi non descrivono le misure proposte - ha dichiarato il presidente della Federazione, Lino Enrico Stoppani -. Innanzitutto, la coperta del sostegno a famiglie e imprese è evidentemente troppo corta per la platea che si propone di aiutare: settori come la ristorazione sono stati messi letteralmente in ginocchio dalla gestione dell’emergenza e i limiti imposti sulla perdita di fatturato o sui massimali erogabili hanno effetti perversi sul sostegno alla parte più sana della nostra economia. Bastano due esempi: ci si lamenta del nanismo delle imprese italiane e poisi mette un limite di 10 milioni di fatturato per accedere aisostegni; e ancora:si dichiara che i contributi sono calcolati sulla perdita di fatturato annuo, ma in realtà si indennizza una sola mensilità media. C’è la spiacevole sensazione di voler aggirare il problema. Il punto è che bisogna uscire immediatamente dall’ottica di breve periodo e mettere in piedi un piano di ripartenza che garantisca il diritto al lavoro e non sottoscriva semplicemente il dovere di stare chiusi. Serve un progetto che dia una prospettiva di futuro reale alle imprese e non solo un sostegno temporaneo, che appare oggi una fragile stampella.”

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