“Con la presente, in qualità di Presidente Fida e in rappresentanza di circa 60mila imprese operanti nel settore del dettaglio alimentare, intendo esprimervi tutto il mio rammarico per delle pratiche di concorrenza sleale messe in atto da parte Vostra, che si stanno verificando all’interno dei punti vendita dei nostri associati”. Sconforto e rammarico sono un tutt’uno nella lettera che la Presidente della Fida-Confcommercio, Donatella Prampolini, inviata al gruppo Granarolo.
Infatti, molti dettaglianti hanno segnalato che sulle confezioni di latte Granarolo riportano, scrive la Presidente, “un’etichetta promozionale con cui invitate i consumatori a fare la spesa online sul vostro sito”.
Per la presidente Prampolini “questa pratica rappresenta una scorrettezza grave,soprattutto nei confronti delle imprese che rappresentano a tutti gli effetti i vostri clienti principali e pertanto vi invitiamo a modificare le vostre etichette rimuovendo l’indicazione volta ad una vendita diretta del prodotto”.
La denuncia di Donatella Prampolini è la punta dell’iceberg rappresentato dalla scarsa considerazione nei confronti dei negozi di vicinanza e i piccoli negozi di montagna che rappresentano punti essenziali che sono i pilastri di un’economia sociale in questi mesi di Covid. I piccoli negozi sono infatti un presidio di socialità.
In questo momento di crisi e di limitazioni si è scoperta, ma la politica pare non aver preso contezza, l’importanza dei piccoli negozi sotto casa. Centri commerciali e ipermercati hanno negli ultimi quindici anni prodotto una strage di piccole botteghe di vicinato, che però in un momento particolare come quello che stiamo vivendo, dovuto anche alle limitazioni negli spostamenti, si sono rivelate essenziali, soprattutto per la popolazione anziana.
Ma il piccolo commercio è stato bistrattato, immolato per la globalizzazione e la grande distribuzione che poi si è visto cosa ha portato. Responsabili sono quegli amministratori, di tutti i livelli, che nulla hanno opposto contro l’avanzata delle grandi catene e dei centri commerciali che hanno finito per snaturare i luoghi dell’identità e poco o nulla fanno per sostenere e aiutare il piccolo commercio.
E’ ora che la politica si mostri finalmente più attenta ai negozi di paese e in generale ai negozi di vicinato che hanno fatto la storia del territorio prima del proliferare di complessi commerciali e del commercio online pilotato dai giganti del web, quelli, per intenderci, che pagano tasse ridicole a fronte di fatturati miliardari.
Negli ultimi anni la grande distribuzione ha reso la vita difficile alle piccole attività che si sono trovate a dover affrontare leggi di mercato non equiparate alle loro forze pur presentando sempre un’offerta di valore.
Speriamo che il Convid 19 svegli la politica ed i politici si occupino con più attenzione e maggiore concretezza ai negozi bistrattati dai medesimi gruppi fornitori, come ha denunciato Donatella Prampolini.
Il negozietto di paese e sotto casa non è solo un luogo che fa parte del tessuto sociale e quindi un punto di incontro e mantenimento della cultura del territorio e delle proprie radici, ma in momenti di estrema necessità – vedi la quarantena forzata di questi giorni – diviene un presidio irrinunciabile.