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FEDE E RELIGIONI | 18 febbraio 2019, 09:30

PAPA: Superare la paura per aprirsi all’incontro

"Aprite i porti": Papa Francesco si fa fotografare con la spilletta anti-razzista.

PAPA: Superare la paura per aprirsi all’incontro

«Siamo chiamati a superare la paura per aprirci all’incontro». È quanto ha raccomandato Papa Francesco ai partecipanti al meeting «Liberi dalla paura» — in corso di svolgimento dal 15 al 17 febbraio presso la Fraterna Domus di Sacrofano — con i quali ha celebrato la messa nel pomeriggio di venerdì 15. Promosso dalla Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana, dalla Caritas italiana e dal Centro Astalli, l’incontro riunisce le realtà impegnate nell’accoglienza e nell’integrazione dei migranti per dar loro modo di conoscersi e confrontarsi: famiglie, parrocchie, comunità e istituti religiosi.

A loro il Pontefice, commentando le letture liturgiche del giorno, ha ricordato che «la paura è l’origine della schiavitù: gli israeliti preferirono diventare schiavi per paura. È anche l’origine di ogni dittatura, perché sulla paura del popolo cresce la violenza dei dittatori».Di fronte «alle cattiverie e alle brutture del nostro tempo», ha fatto notare Francesco, «anche noi, come il popolo d’Israele, siamo tentati di abbandonare il nostro sogno di libertà» e «proviamo legittima paura di fronte a situazioni che ci sembrano senza via d’uscita».

In questo caso «non bastano le parole umane di un condottiero o di un profeta a rassicurarci, quando non riusciamo a sentire la presenza di Dio e non siamo capaci di abbandonarci alla sua provvidenza». Così, ha proseguito il Papa, «ci chiudiamo in noi stessi, nelle nostre fragili sicurezze umane, nel circolo delle persone amate, nella nostra routine rassicurante. E alla fine rinunciamo al viaggio verso la Terra promessa per tornare alla schiavitù dell’Egitto».

Questo «ripiegamento su sé stessi» è un «segno di sconfitta», perché «accresce il nostro timore verso gli “altri”, gli sconosciuti, gli emarginati, i forestieri». E ciò «si nota particolarmente oggi, di fronte all’arrivo di migranti e rifugiati che bussano alla nostra porta in cerca di protezione, sicurezza e un futuro migliore».

Certo, ha ammesso il Pontefice, «il timore è legittimo, anche perché manca la preparazione a questo incontro». Ma, ha aggiunto, «rinunciare a un incontro non è umano».Per questo, «non bastano giustificazioni razionali e calcoli statistici». L’incontro con l’altro va visto come «incontro con Cristo», perché è «Lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, e carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito». E come ha fatto con Pietro, «il Signore non ci abbandona. Anche se siamo uomini e donne “di poca fede”, Cristo continua a tendere la sua mano per salvarci e permettere l’incontro con Lui, un incontro che ci salva e ci restituisce la gioia di essere suoi discepoli».

«Se questa è una valida chiave di lettura della nostra storia di oggi — ha concluso Francesco — allora dovremmo cominciare a ringraziare chi ci dà l’occasione di questo incontro, ossia gli “altri” che bussano alle nostre porte, offrendoci la possibilità di superare le nostre paure per incontrare, accogliere e assistere Gesù in persona. E chi ha avuto la forza di lasciarsi liberare dalla paura, chi ha sperimentato la gioia di questo incontro è chiamato oggi ad annunciarlo sui tetti, apertamente, per aiutare altri a fare lo stesso, predisponendosi all’incontro con Cristo e la sua salvezza».

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