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CRONACA | 22 novembre 2018, 05:00

Giovane tunisina di Verrès scrive a Salvini, 'per Decreto sicurezza non sarò italiana'; lui risponde, ti sbagli'

Matteo Salvini

Matteo Salvini

"Per il 'tuo' decreto io non sarò italiana". Così ha scritto una 24enne tunisina residente a Verres al ministro e vicepremier Matteo Salvini; lui si è schermito: "ti sbagli, la tua domanda è stata accolta".

Lei è Refka Znaidi, 24 anni, studentessa di origine tunisina che vive nel comune della bassa valle ed è in attesa di ottenere la cittadinanza italiana. Nei giorni scorsi aveva scritto una lettera ai vice premier Di Maio e Salvini, criticando il decreto sicurezza.

"Con questo decreto - si legge nella missiva scritta in un invidiabile italiano - Lei non sta punendo chi non rispetta la legge e non sta ostacolando chi ne abusa o chi la strumentalizza. Con questo decreto, Lei sta creando discrimine laddove si cerca integrazione, intralciando il percorso di chi non ha nessuna colpa e desidera continuare onestamente la propria vita in questo Stato". La lettera è stata diffusa da diverse testate nazionali e, in Valle, dal settimanale Gazzetta Matin, con il quale Refka ha collaborato.

Ed è stata la versione online di Gazzetta Matin a riportare l'inattesa risposta del ministro Salvini: "Sono felice di comunicarti l'esatto contrario. L'istanza ha avuto parere positivo: il decreto di concessione della cittadinanza è alla firma del presidente della Repubblica. Ciò dimostra che le tue preoccupazioni erano infondate, esattamente come molte critiche sollevate nei confronti del mio lavoro".

La giovane tunisina, che studia Affari Europei, insistendo sui tempi lunghi di accoglimento delle istanze ha replicato al ministro: "Ciò che viene negato a noi stranieri è la possibilità di pianificare il nostro futuro, la possibilità di partire ad armi pari rispetto a chi è cittadino: ora il tempo in cui questo diritto ci viene negato è aumentato". 

La lettera di Refka Znaidi

"Onorevole Ministro,

mi chiamo Refka, sono una giovane ragazza tunisina che vive nella bellissima Italia da quindici anni.

Sono cresciuta tra italiani, ho mangiato cibo italiano, ho stretto amicizie con italiani, ho svolto tutto il mio percorso scolastico e accademico in Italia; dopo così tanti anni, ritengo di essere perfettamente integrata nella società italiana e di appartenere a questo popolo che mi ha dato tanto e a cui ho dato tanto.

Sono una ragazza con grandi ambizioni e ho investito molto nei miei studi.

Ho faticato per poter frequentare un corso di studi accademici, che sta sempre più diventando un privilegio per pochi.

Grazie alla mia determinazione e al sostegno della mia famiglia, sono riuscita a ottenere i requisiti necessari a realizzare le mie aspirazioni: poter lavorare per lo Stato italiano e servirlo, consapevole della possibilità avuta di vivere una vita dignitosa e serena. Mi permetta di spiegarLe la mia situazione.

Ho presentato domanda di cittadinanza due anni e cinque mesi fa; mancava davvero poco per poter diventare una cittadina italiana e poter continuare il mio percorso di studi come avevo programmato, ma ecco che arriva il cambiamento che ha deciso il mio destino: il decreto “Sicurezza e immigrazione”.

In virtù di questo decreto dovrò aspettare ancora un anno e sette mesi e non potrò partecipare a nessun concorso, tantomeno a quello che sogno da sempre che permette di diventare funzionario della Farnesina.

Tanti direbbero che si tratta di un sogno pretenzioso per un immigrato; per me invece è un desiderio legittimo che si inserisce nel mio progetto di vita.

La legge italiana per l’acquisizione della cittadinanza era già complessa e con tempistiche inspiegabilmente lunghe.

Ora con il nuovo decreto, ottenere la cittadinanza è diventato un processo estremamente lento.

Quando ho presentato la domanda, ero convinta di chiedere il riconoscimento di un diritto acquisito; adesso mi sento come se avessi chiesto la concessione di un privilegio immeritato. Io, come tanti, la cittadinanza sento di meritarla: è diventata un nostro diritto dal momento in cui viviamo e rispettiamo la legge di questo Paese; dal momento in cui paghiamo le tasse, come tutti i cittadini italiani; e dal momento in cui la legge italiana ha effetti su di noi.

Perché un decreto così estremo?  Perché allungare il tempo di attesa dell’istruttoria per la cittadinanza da due a quattro anni?  Perché modificare i criteri per l’acquisizione della cittadinanza a seguito di matrimonio con cittadino italiano?

È questo il modo di rendere l’Italia un Paese migliore?

A me sembra un modo per tenere dei soggetti “a parte” per ben quattro anni, per individuare degli extracomunitari e mantenerli fuori dalla comunità italiana secondo un principio discriminatorio. Ma noi non siamo extracomunitari, noi apparteniamo al popolo italiano.

Mi permetto di dirLe, Onorevole Ministro che il decreto che è stato votato, vìola i diritti di tutti coloro che risiedono legalmente in Italia e che rispecchiano la categoria di chi Lei definisce ‘immigrato amico’: onesti contribuenti, lavoratori regolari, integrati nella società italiana, insomma dei veri e propri “cittadini”, con tutto il paradosso che accompagna ormai questo termine.

Con questo decreto Lei non sta punendo chi non rispetta la legge e non sta ostacolando chi ne abusa o chi la strumentalizza. Con questo decreto, Lei sta creando discrimine laddove si cerca integrazione, intralciando il percorso di chi non ha nessuna colpa e desidera continuare onestamente la propria vita in questo Stato.

Probabilmente Lei non leggerà nemmeno la mia lettera, forse non prenderà minimamente in considerazione ciò che ho espresso; ma dovevo pur tentare perché qui si tratta della mia vita e di quella di tanti altri italiani come me".

 

p.g.

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