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CRONACA | 21 aprile 2018, 15:00

Inchiesta Cuomo-Longarini: Intercettazioni tra un indagato, un assessore regionale e il suo avvocato

Lo 'scalone' all'ingresso del Tribunale di Milano

Lo 'scalone' all'ingresso del Tribunale di Milano

Proposte di accordo per 'sistemare' a livello occupazionale un persona in qualche modo 'vicina'; complimenti reciproci; ammiccamenti in vista di possibili, future, intese politiche e professionali future.

Il tutto in telefonate e sms tra l'imprenditore alimentare valdostano Gerardo Cuomo, un assessore regionale dell'Union Valdotaine e il suo avvocato, intercettate o meglio 'recuperate' dagli investigatori milanesi della Guardia di finanza coordinati dal pm della procura di Milano Giovanni Polizzi e che, lette oggi, alla luce dell'inchiesta che ha portato agli arresti lo stesso Cuomo e l'ex pm aostano Pasquale Longarini, suonano quantomeno imbarazzanti se non apertamente inopportune.

L'esponente politico doveva risolvere una 'grana' di giustizia civile e il suo legale aveva presentato Cuomo come possibile 'soluzione' al problema: l'imprenditore non era un 'formaggiaio qualunque' ma un 'pezzo grosso' del settore, con amicizie importanti in grado di mettere a posto svariate questioni. Da lì era nato un rapporto che avrebbe potuto condurre "chissà dove", afferma sibillino un investigatore.

Telefonate e sms sono contenuti nei voluminosi faldoni che occupano parte della memoria dei computer dell'ufficio del pm Polizzi, al quarto piano del Palazzo di Giustizia di Milano, stanza 253.

Il magistrato ha completato il primo filone dell'inchiesta Cuomo-Longarini, il cui avviso di conclusione indagini (415 bis) è stato recapitato ormai oltre un mese fa agli indagati: Pasquale Longarini, ex procuratore facente funzioni di Aosta, ora assegnato dal Csm come giudice al tribunale di Imperia; l'imprenditore Gerardo Cuomo, titolare del Caseificio valdostano e Sergio Barathier, titolare dell'albergo Royal e Golf di Courmayeur: per tutti e tre l'ipotesi di reato è quello di induzione indebita a dare o promettere utilità.

Le migliaia di carte che compongono l'inchiesta delineano la 'zona grigia' in cui sarebbero stati tessuti intrecci tra il mondo politico valdostano, quello della Giustizia (o meglio di parte di essa) e quello dell'imprenditoria, che sono da circa un anno e mezzo al vaglio degli inquirenti e che hanno perno secondo l'accusa in Pasquale Longarini ma, evidentemente, anche in altre persone.

I magistrati milanesi non hanno mai dubitato un solo attimo della validità delle contestazioni mosse all'ex procuratore aostano e il loro atteggiamento di chiusura e isolamento verso colui che ritenevano ormai un 'ex' collega fu chiaro sin dai primi giorni dell'inchiesta, quando fu respinta dall'ufficio del gip la richiesta di tre giudici del tribunale di Aosta di poter rendere visita all'indagato per portargli la loro solidarietà in un momento certamente difficile.

patrizio gabetti

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