/ CRONACA

CRONACA | 21 aprile 2018, 10:57

Inchiesta Cuomo-Longarini: al pm aostano indagato negata la 'solidarietà' dei colleghi

Mentre Pasquale Longarini si trovava agli arrresti domiciliari, tre giudici aostani inoltrarono al gip competente del Tribunale di Milano la richiesta di poter rendere visita all'indagato per portargli la loro solidarietà, ma fu respinta perchè ritenuta inopportuna

Inchiesta Cuomo-Longarini: al pm aostano indagato negata la 'solidarietà' dei colleghi

Si trovano nella stanza 253, al quarto piano del Palazzo di Giustizia di Milano, in fondo a uno dei tanti lunghi corridoi che disegnano gli spazi nel palazzone di architettura fascista, gli atti di un'inchiesta che potrebbe abbattersi come uno tsunami politico-giudiziario sulla Valle d'Aosta.

Quello è l'ufficio del pm Giovanni Polizzi, esperto di reati nella pubblica amministrazione, il magistrato che ha completato il primo filone dell'inchiesta Cuomo-Longarini, di cui l'avviso di conclusione indagini (415 bis) è stato recapitato ormai oltre un mese fa agli indagati: Pasquale Longarini, ex procuratore facente funzioni di Aosta, ora assegnato dal Csm come giudice al tribunale di Imperia; l'imprenditore Gerardo Cuomo, titolare del Caseificio valdostano e Sergio Barathier, titolare dell'albergo Royal e Golf di Courmayeur: per tutti e tre l'ipotesi di reato è  quello di induzione indebita a dare o promettere utilità. Quei fatti sono noti e dovranno essere provati in giudizio, ma in un anno e mezzo di intensa attività investigativa la Procura di Milano ha prodotto sette faldoni da migliaia di pagine ciascuno: intercettazioni, interrogatori, annotazioni investigative che hanno scavato nei rapporti spesso occulti tra il mondo degli affari e della politica valdostani, hanno portato alla luce intrecci insospettabili, circostanze inquietanti all'ombra di Place Deffeyes.

"Da anni ormai qui a Milano i sostituti procuratori incaricati dei fascicoli non possono parlare direttamente con la stampa dello stato delle indagini, né confermare la veridicità delle notizie - spiega al cronista il magistrato meneghino che, a conferma della discrezione mantenuta, si nega anche per una fotografia - soprattutto quando si tratta di vicende così delicate e che coinvolgono colleghi ed eventualmente amministratori pubblici".
E di vicenda delicata si tratta certamente, considerato che gli investigatori hanno scavato a fondo nei rapporti tra il pm Longarini e le sue amicizie radicate in Valle d'Aosta, traendone un quadro ai loro occhi alquanto negativo che potrebbe in questi mesi essersi ulteriormente peggiorato ma soprattutto, estesosi in diverse direzioni a causa dell'intensa attività investigativa, potrebbe aver portato all'apertura di almeno altri quattro filoni che potrebbero coinvolgere anche personaggi del mondo politico valdostano.

Al pm indagato negata anche la 'solidarietà' di tre suoi colleghi

Pubblico ministero e giudice delle indagini preliminari milanesi non hanno mai dubitato un solo attimo della bontà di queste accuse e il loro atteggiamento di chiusura e isolamento verso colui che ritenevano ormai un 'ex' collega fu chiaro sin dai primi giorni dell'inchiesta.

Nei primi giorni di febbraio, mentre Longarini si trovava agli arrresti domiciliari, tre giudici aostani (dunque magistrati del Tribunale, non della Procura) inoltrarono al gip competente del Tribunale di Milano la richiesta di poter rendere visita all'indagato per portargli la loro solidarietà in un momento certamente difficile. Richiesta che però fu prontamente respinta dall'ufficio del gip, che la cassò rintenendola non opportuna viste le circostanze e le indagini in corso: Longarini doveva restare isolato da qualunque tipo di rapporto con il Palazzo di Giustizia. Una decisione che destò sorpresa e delusione nei giudici del Tribunale di Aosta, mentre per l'avvocato aostano Claudio Soro, difensore di Longarini, si è trattato di "un errore di valutazione, se non una caduta di stile, da parte della magistratura milanese; è assolutamente umano e scevro da qualunque implicazione sulla vicenda penale, il fatto che persone che hanno lavorato con un collega per tanti anni possano aver desiderato di manifestargli la loro vicinanza".

patrizio gabetti

Ti potrebbero interessare anche:

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore